Un’associazione può avere dipendenti? Ecco cosa sapere
Nel nostro ordinamento il diritto di associarsi, ovvero di riunirsi in un’organizzazione al fine di perseguire degli obiettivi comuni, è tutelato e garantito, a partire dalla stessa Costituzione della Repubblica Italiana. Ma quando si può effettivamente parlare di un’associazione, e quando invece di una società?
L’associazione propriamente detta è quell’organizzazione no profit, non a scopo di lucro, che può operare in campo politico, ideale, sportivo, culturale, sindacale e via dicendo. Dall’altra parte ci sono invece le società, ovvero i gruppi di due o più persone che desiderano dividere gli utili della propria attività economica. Da una parte troviamo l’altruismo, dall’altra il lucro: questa divisione netta potrebbe portare a pensare che uno sia il mondo del volontariato, e l’altro invece il mondo del lavoro retribuito. La divisione però non è così netta, e – rispettando delle precise regole – un’associazione può avere dipendenti, assumendo quindi del personale subordinato come una qualsiasi società o azienda. Ma in che modo vengono dunque differenziati all’interno dell’associazione volontari e lavoratori dipendenti? Quanti lavoratori retribuiti può avere un’associazione? E quali sono i rapporti di lavoro più utilizzati dagli Enti del Terzo Settore? Ecco una guida completa.
Cosa si intende per lavoratore dipendente
Per capire quando e come un’associazione può avere dei dipendenti è bene specificare cosa si intende con questo termine. Così come spiega l’INPS, sono da considerarsi lavoratori dipendenti o lavoratori subordinati tutti coloro che “si impegnano, per effetto di un contratto e in cambio di una retribuzione, a prestare il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione di un soggetto detto ‘datore di lavoro’’”. Ecco che allora si può parlare di lavoro dipendente solo in presenza di un datore di lavoro, di un contratto e di una retribuzione.
Va sottolineato che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è possibile essere datori di lavoro senza essere degli imprenditori. È questo il caso delle associazioni, ma anche di altre figure. Si pensi per esempio alla persona fisica che assume un lavoratore domestico che effettua le pulizie di casa, oppure al condominio che sceglie di assumere un portiere. In questi casi non c’è imprenditore, non c’è impresa, ma c’è datore di lavoro, così come devono esserci contratto e retribuzione. Vale quindi la pena ricordare che, sempre a partire dall’INPS, il contratto di lavoro “è il documento contenente tutte le informazioni riguardanti il rapporto che intercorre tra lavoratori dipendenti e datore di lavoro. Secondo il codice civile, il contratto di lavoro è un contratto tipico, cioè previsto espressamente dall’ordinamento giuridico, bilaterale e necessariamente oneroso”.
Un’associazione può avere dipendenti?
Dopo aver visto cosa si intende nello specifico per lavoratori dipendenti o lavoratori subordinati, è possibile dare risposta completa alla domanda principale: un’associazione può avere dipendenti? La risposta è come anticipato sì, a patto di rispettare le regole previste in generale per gli Enti del Terzo Settore e nello specifico per ogni diversa tipologia di ETS. In linea generale, qualsiasi ente no profit può assumere delle persone terze non associate, che quindi non risulteranno essere né soci, né volontari presso l’associazione, quanto a tutti gli effetti lavoratori subordinati. Va peraltro detto che non è escluso nemmeno il ricorso a titolari di partita IVA: in questo caso non si parlerà dello stipendio di un lavoratore dipendente, quanto invece del versamento del corrispettivo riportato in fattura dal lavoratore autonomo o dal libero professionista.
L’associazione che assume un dipendente deve instaurare un rapporto di collaborazione con un inquadramento sia contrattuale che previdenziale. È però fondamentale che la natura del rapporto lavorativo non possa essere fatta ricadere nell’indiretta distribuzione degli utili, la quale come è noto è assolutamente vietata per le associazioni: ecco che allora i compensi devono essere sempre coerenti con l’impegno del lavoratore subordinato, con le ore effettivamente lavorate, con le responsabilità previste e via dicendo. Come soglia di riferimento, il legislatore considera indiretta distribuzione degli utili la retribuzione di un lavoratore dipendente con uno stipendio del 20% o più superiore rispetto ai salari previsti dai contratti collettivi di lavoro per il medesimo ruolo.
La differenza tra volontari e dipendenti: rimborsi e retribuzione
Figura chiave della vita associativa è il volontario, il quale non può essere confuso con il lavoratore dipendente. Va sottolineato a questo proposito che in nessun caso il volontariato può essere retribuito da un’associazione; possono eventualmente essere concessi dei rimborsi spese, i quali sono normati in modo da non poter essere normati né come distribuzione degli utili, né come retribuzione a forfait. Il Codice del Terzo Settore prevede infatti un limite di rimborso giornaliero posto a 10 euro, mentre guardando al complessivo mensile si parla complessivamente di 150 euro al mese. Queste transazioni devono essere utilizzate solo come risarcimento di spese sostenute per l’attività di volontariato, dietro presentazione di richiesta con autocertificazione da parte del singolo volontario.
Gestire le retribuzioni dei lavoratori dipendenti dell’associazione e i rimborsi dei volontari è tra le attività più delicate dell’amministrazione di un ETS: per questo motivo è prezioso il supporto di un gestionale come Terzo Settore in Cloud, il software per gli Enti del Terzo Settore sviluppato da TeamSystem e adottato da oltre 5.600 organizzazioni italiane. Grazie a Terzo Settore in Cloud è possibile gestire facilmente e in modo intuitivo compensi, rimborsi, autocertificazioni, ritenute, certificazioni uniche, ritenute, fatture e ogni altro aspetto amministrativo, finanziario e operativo del proprio ente.
La proporzione tra volontari e dipendenti nelle ODV e nelle APS
Si è visto quindi che un’associazione può assumere dei dipendenti. Va però sottolineato il fatto che le differenti tipologie di ETS presentano delle regole differenti. Si pensi per esempio alle Organizzazioni di Volontariato, che possono assumere dei lavoratori dipendenti (o avvalersi di lavoratori autonomi) per un numero non superiore al 50% dei volontari dell’ODV. Tra le regole da rispettare vi è anche quella che ricorda alle Organizzazioni di Volontariato di non poter inquadrare come lavoratori dipendenti o come collaboratori autonomi i componenti del proprio organo direttivo.
Un discorso simile vale anche per le APS, ossia le Associazioni di Promozione Sociale. In questo caso il Codice del Terzo Settore, all’articolo 36, stabilisce che le APS possono assumere possono “assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati” ma specifica anche che questo può avvenire solo quando questo è necessario per svolgere l’attività di interesse generale e perseguire le finalità indicate nello statuto dell’APS. Il numero dei lavoratori, in questo caso, non può essere superiore al 50% del totale dei volontari o al 5% del numero degli associati.
I rapporti di lavoro più utilizzati dalle associazioni
Guardando all’effettivo operato delle associazioni italiane si scopre che i lavoratori dipendenti vengono inquadrati nei modi più differenti. Tra le modalità più utilizzate c’è quella del rapporto di lavoro occasionale, il quale è normato dal Decreto Legge 24 aprile 2017, numero 50: qui si spiega che i compensi complessivi annuali non possono essere superiori ai 5.000 euro. Le prestazioni occasionali sono riconosciute come prestazioni di lavoro autonomo da effettuarsi in modo non abituale e non continuativo, e in ogni caso per non più di 30 giorni all’anno.
Ci sono poi i contratti a progetto, con rapporti lavorativi subordinati al raggiungimento di uno specifico obiettivo, con il compenso soggetto alla gestione separata dell’INPS. E ancora, si parla del classico contratto di lavoro subordinato, nonché dei voucher, i quali possono però essere impiegati unicamente per determinate attività e per retribuire studenti, disoccupati, pensionati, cassaintegrati o lavoratori part-time (con l’importo dei voucher che per l’anno 2023 è fissato a 12,41 euro lordi).
In questa guida abbiamo visto che un’associazione può avere dipendenti, rispettando determinate regole e proporzioni rispetto ai volontari presenti. Per gestire facilmente aspetti come lettere incarico, compensi, Certificazioni Uniche, registrazione delle ritenute, autocertificazioni e rimborsi spese di collaboratori, professionisti e volontari di un’associazione, affidati a un gestionale semplice e affidabile come Terzo Settore in Cloud di TeamSystem.