Soft skill: strumenti, test e consigli per valutare e sviluppare le competenze trasversali
Capacità di lavorare in squadra, saper guidare un team, saper comunicare e prendere decisioni in tempi brevi: sono solo alcune delle soft skill più richieste. Gli inglesi le chiamano anche life skill ossia competenze di vita. Un termine che dà sicuramente da pensare, non così lontano dal vero dal momento che molte di queste skill emergono non dal curriculum di studi o dal profilo LinkedIn, ma dalla condivisione di un progetto, un’idea, una riunione, dall’organizzazione di un evento insomma pezzi di vita, lavorativa ma non solo.
Le soft skill hanno infatti a che fare, a differenza delle hard skill, con il benessere emotivo, sociale e cognitivo di una persona. Che si parli di benessere non è casuale: nel mondo del lavoro attuale, dove le scrivanie fisse vengono sostituite da spazi in continua trasformazione, in cui ci si può trovare a lavorare con dei colleghi mentre si è dall’altra parte del mondo o in un coworking, l’equilibrio e il benessere diventano fondamentali. Alla luce di una visione più sistemica e olistica del lavoro, un sistema non è solo la somma delle singole componenti, ma è qualcosa che va oltre e che può condizionare il comportamento delle parti.
Come si fa a scoprire e soprattutto sviluppare le competenze più soft? Quali soluzioni un’azienda può attuare? E gli stessi lavoratori – dipendenti o freelance – come fanno a individuarle e a trovare il modo anche per comunicarle?
Cerchiamo di scoprirlo in questo articolo dando anche un’occhiata a quelle più richieste per il 2020.
Come valutare le soft skills: piattaforme digitali e test psicologici
Comprendere e individuare le competenze trasversali è dunque essenziale per tutti gli attori in gioco: aziende, responsabili di team e lavoratori stessi. Nel tracciare simili caratteristiche possono venire in aiuto diversi strumenti: un esempio Eggup, PMI innovativa che ha creato una piattaforma digitale per aiutare a valutare le soft skill. Lo strumento si concentra sull’analisi e sulla mappatura delle competenze, fornendo supporto nella riorganizzazione dei gruppi interni grazie alla combinazione delle diverse persone e/o nella valutazione dei singoli candidati per scoprire cosa c’è, oltre al cv.
Un lavoratore può a sua volta partecipare ad alcuni test per avere un report che comprenda i propri punti di forza e i ruoli suggeriti per lavorare all’interno di un team.
Un notevole aiuto viene anche dai test psicologici molto usati nel mondo del recruiting e che hanno a che fare con la valutazione della personalità, dell’intelligenza emotiva e dei valori professionali.
Tra i test più utilizzati c’è per esempio quello che si basa sul modello dei Big Five dove 5 sono i tratti della personalità principali: Estroversione, Amicalità , Stabilità Emotiva, Coscienziosità e Apertura Mentale. Test che permette di vedere anche le soft skill legate a un tratto della propria personalità e capire come incastrare il tutto. Facciamo un esempio: se devo formare un nuovo team, non posso mettere insieme persone che siano esclusivamente estroverse, rischierebbe di essere squilibrato. Allo stesso tempo, va da sé che una persona particolarmente introversa potrebbe non essere la più adatta a guidare un team alle prime armi, formato da junior che magari hanno bisogno di continui chiarimenti e di imparare a sentirsi parte di qualcosa.
Un altro test per capire le competenze trasversali è il Il RIASEC dove la sigla sta per Realistic, Investigative, Artistic, Social, Enterprising e Conventional. Anche qui siamo nel campo della personalità , sì, ma orientata alla professione pi๠adatta in base al proprio carattere e profilo psicologico. Gli aggettivi di questo test di matrice olandese indicano le attitudini ma anche il lavoro ideale. Può esserci anche la combinazione tra più fattori e per esempio una persona può essere Artistic + Social e in questo caso avere come lavoro ideale quello dell’interprete e traduttore oppure Realistic + Social e per lui/lei fanno lavori come infermiere, massaggiatore (etc.).
La consapevolezza di sé per valutare le proprie competenze
I test sono sicuramente uno strumento importante, ma altrettanto importante anzi cruciale per valutare le proprie soft skill è la profonda conoscenza di chi si è e non solo di cosa si fa. In una parola: la consapevolezza.
Se vi è capitato di lavorare in un team e trovarvi male, anziché limitarvi a bollare quell’esperienza come negativa, cercate di vedere cosa avete imparato e come stavate mentre la vivevate. Scrivete tutte le vostre impressioni e possibilmente parlatene con il vostro responsabile in azienda o, se siete dei freelance, cercate di capire quali skill potete mettere in gioco in situazioni analoghe. Ci spieghiamo meglio: se siete delle persone particolarmente comunicative e creative, inutile farsi incanalare da persone più conformiste e che hanno bisogno di disegnare continuamente dei perimetri. Anziché pensare che siete voi a sbagliare – forti dell’esperienza passata – rendete evidente il vostro modo di lavorare e capite se c’è un terreno comune, fate quasi una sorta di negoziazione tra il vostro modo di essere e quello altrui. Stessa cosa: se siete delle persone che prendono decisioni in breve tempo, difficilmente accetterete un ruolo di totale subordinazione: cercate di poter avere almeno la responsabilità di un pezzo del progetto in modo da assecondare questa vostra soft skill facendo del bene al gruppo. Questo vale anche per chi i gruppi li deve creare: vedere come hanno reagito i vari elementi, analizzare cosa hanno portato avanti e cosa per loro è stato difficile, può servire per assemblare meglio le persone o magari decidere di fare dei sottogruppi in seno a quello pi๠grande.
Le soft skill più richieste nel 2020
Chi l’avrebbe mai detto? Tra le soft skill più richieste c’è la disponibilità a viaggiare. Una soft skill che va valutata attentamente cercando di capire che tipo di viaggi quella persona può affrontare: se ha sempre viaggiato per piacere e in contesti organizzati, per esempio, potrebbe trovare delle difficoltà a farlo per lavoro e a doversi adattare di continuo.
Quali sono le altre competenze richieste per il 2020? Stando a quello che dice il World Economic Forum, ai primi posti ci sono il problem solving, la creatività e il pensiero critico:
- Il problem solving è molto richiesto. Non si nasce problem solver, le soluzioni derivano sicuramente dall’esperienza e dal fatto di andare oltre quell’abbiamo sempre fatto così che fa morire sul nascere ogni voglia di innovazione. Inoltre, il problem solving va a braccetto con altre soft skill come la flessibilità e la capacità di adattarsi, competenze sempre più necessarie.
- La creatività sembra scontata e invece non lo è affatto. Così come, in ambienti di lavoro molto tradizionali può faticare a venir fuori e una persona dalle mille idee può sentirsi poco valorizzata e può tendere a chiudersi nel ruolo che le è stato assegnato. Va invece esaltata, aiutata, sostenuta anche perché è la vera ancora di salvezza per aziende che si trovano in crisi, che devono cambiare rotta o trovare nuovi modi per parlare ai già clienti e ai prospecti. Va da sé che la creatività deve essere accompagnata da un forte senso pratico e perché no, anche al pensiero critico, altra competenza molto richiesta.
- Avere pensiero critico vuol dire mettere insieme le capacità di analisi, il sapere argomentare la conclusione cui si è arrivati, sapere vagliare la situazione cercando di mantenere anche una certa oggettività .
Sono altrettanto ricercate la capacità di saper lavorare in squadra, la capacità di comunicare e anche l’atteggiamento positivo.
Come acquisire le soft skills più richieste
Sì, è vero alcune sono capacità innate, ma altre si possono apprendere, in ogni momento della vita. Lo si puಠfare per esempio guardando gli altri e allenando il proprio spirito di osservazione. Imparare da come si comportano gli altri, guardando con attenzione i loro atteggiamenti. L’imitazione è sicuramente un processo di apprendimento che spesso attuiamo inconsapevolmente, ma l’osservazione degli altri può servire a farci capire cosa far diventare nostro e da cosa allontanarci del tutto.
Si possono poi frequentare dei corsi. Per esempio la capacità di comunicare è sicuramente innata nelle persone estroverse ma è anche vero che si può essere ottimi comunicatori senza per forza dover raccontare tutto di sé. Un corso di public speaking cosଠcome di scrittura creativa – per usare al meglio le parole – possono servire. Cosଠcome paradossalmente per allenare il problem solving possono essere di aiuto i TED Talk o anche cimentarsi con qualcosa di molto pratico o con una nuova lingua.
Quel che conta, come abbiamo già detto, è la consapevolezza di cosa si è sì, ma anche di cosa si vuole essere.