Rapporto Coop 2017: l’obiettivo della work life balance nell’era digitale
«Sono cambiate le forme del lavoro, è mutato l’identikit dei lavoratori e lo stesso contenuto aspirazionale e valoriale che essi esprimono nei suoi confronti» lo conferma il Rapporto Coop 2017 che da trent’anni indaga l’economia, i consumi e gli stili di vita degli italiani mettendo a disposizione del dibattito pubblico il suo ruolo come soggetto collettivo rappresentativo di 8 milioni di consumatori.
«Insieme alla stabilità , l’elemento nuovo che raccoglie il favore dei lavoratori ha a che vedere con la cosiddetta work life balance e la possibilità che il lavoro guadagni in agilità e consenta di ottimizzare in maniera intelligente il (poco) tempo a disposizione, ibridando in una timeline quotidiana unica lavoro e vita privata, rigidamente distinti nel modello di vita tradizionale casa-lavoro. Nel corso degli ultimi mesi è stato introdotto nel nostro ordinamento un provvedimento che ha inteso regolamentare dal punto di vista normativo ed economico lo strumento del lavoro agile: già oggi solo il 70% degli italiani dichiara di lavorare in ufficio e quasi un italiano su sei dichiara di svolgere almeno una parte del proprio lavoro da casa».
Se, da un lato, il sogno di un’intera generazione precaria (specie nella fascia 24-35) si conferma il posto fisso, è altrettanto presente il desiderio di organizzarsi con più autonomia, sia in termini di tempi che di spazi, sfruttando il potenziale delle nuove tecnologie per restare parte attiva della comunità professionale, informarsi e formarsi costantemente.
«Oltre il 40% del totale dei lavoratori apprezzerebbe la possibilità di lavorare da casa. Una parte significativa di questi, più del 10% del totale degli occupati, sarebbe addirittura disponibile ad accettare una riduzione del proprio reddito» continua il rapporto, che arriva anche a identificare una maggiore predisposizione degli italiani all’utilizzo di ambienti digitali: circa il 70% della popolazione accede quotidianamente alle piattaforma principali, più degli omologhi spagnoli, tedeschi e francesi.
Da non sottovalutare le implicazioni psico-sociali di questi trend e l’inevitabile creazione di abitudini e comportamenti che attengono tanto alla sfera privata quanto a quella professionale: «alla tastiera del proprio dispositivo gli italiani riconoscono una serie di benefici: la chat tende infatti a creare meno aspettative rispetto al contatto fisico (38%), consente di non esporsi in modo diretto evitando potenziali brutte figure (44%), accresce la percezione dell’immediatezza nell’approccio (73%) e si presta ad interrompere più rapidamente una conversazione (63%)».
Comprendere al meglio questi aspetti e provare a disegnare nuovi paradigmi di comunicazione e formazione, sia online che offline, potrebbe fare la differenza in termini di efficacia, produttività e benessere organizzativo.