Qualche domanda a Davide “Folletto” Casali su “burocratizzazione” e processi di apprendimento in Azienda
Ho rivolto alcune domande a Davide “Folletto” Casali – consulente di start-up ed esperto negli ambiti del design, psicologia e tecnologia – su temi che riguardano le scelte delle organizzazioni di fronte ai cambiamenti tecnologici.
- Uno dei problemi più sentiti nelle organizzazioni che decidono di intraprendere il cammino verso la trasformazione digitale dei propri processi organizzativi è trovare il giusto equilibrio tra due estremi, cioè controllo senza partecipazione e partecipazione senza controllo, tra standardizzazione e flessibilità? Qual è il tuo parere?
La tua domanda è posta in modo molto accurato: i due estremi sono entrambi disfunzionali. Qualunque sistema umano tende in modo naturale a tornare verso il centro se tirato verso uno dei due estremi. Soggette a controllo totale, le persone diventano demotivate e cercano modi alternativi di operare, sia all’interno sia al di fuori delle regole. Dove la partecipazione è totale, emergono naturalmente dei leader che permettono alle idee di focalizzarsi. Il mio punto di vista è quello di creare sistemi flessibili. Prendiamo ad esempio una qualunque azienda: con il passare del tempo le policy e le regole diventano sempre maggiori e stringenti, fino al punto in cui anche l’organizzazione nata in modo snello e con una cultura agile, diventerà rigida e burocratica. Anche questo è un processo naturale. La risposta dei dipendenti, ad oggi, è sempre stata quella di lasciare simili realtà , magari fondandone di nuove. Un modo per evitare questo è avere un team operativo e una direzione risorse umane che sia in grado di gestire le situazioni in modo da stimolare tre processi differenti:
- tenere la complessità generale sempre sotto controllo ed evitare che la somma di tanti piccoli cambiamenti diventi opprimente;
- automatizzare il più possibile, un costo nel breve termine, un beneficio nel medio e lungo termine;
- usare meno doveri (must) e più consigli (should).
In breve, sono staticità e accumulo che uccidono l’azienda.
Quanto può essere importante per una impresa inserire esperienze di social o digital learning? Sappiamo che nelle aziende digitali il collaboratore deve essere un soggetto attivo anche nel processo di apprendimento. Come è possibile favorire l’engagement, la partecipazione individuale?
E’ una domanda estremamente interessante, ma anche una difficilmente generalizzabile. Posso parlare della mia esperienza personale.
Chiunque voglia introdurre cambiamenti in una azienda, compresi nuovi processi di apprendimento, deve trattare l’insieme delle persone dell’azienda come fossero clienti. Si tratta di un cambio di mentalità profondo: così come non manderemmo mai una email ai nostri clienti dicendo loro di cambiare il modo in cui svolgono il proprio lavoro, perché aspettarci che accada con i dipendenti? Entrambi i gruppi sono composti da persone, con pari necessità e sensibilità , semplicemente declinati in contesti differenti.
Questo cambiamento mentale quindi permette di capire che ciò che funziona fuori è applicabile anche all’interno dell’azienda. Laddove ci siano aggiornamenti, occorre introdurli in modo adeguato. Poi, sicuramente, ci sono anche questioni uniche, come l’idea di fare sentire le persone parte del cambiamento (il termine inglese è più accurato, ownership)