Performance Management e compensation: come valorizzare le persone
Che l’esperienza lavorativa delle persone non sia più la stessa degli anni passati è qualcosa di risaputo. Tra le novità tecnologiche, lo smart working che negli ultimi mesi ha preso sempre più piede, la digital transformation che investe tutte le imprese, piccole medie o grandi; le persone hanno un approccio diverso al lavoro e sono molto più autonome ed esigenti.
I dipendenti hanno un ruolo centrale rispetto al passato – scelgono il luogo di lavoro non solo in base a quello che offre in termini retributivi ma anche in base alla sua proposta di valore – i datori di lavoro devono indubbiamente ripensare a come coinvolgere queste persone per trattenerle, farle diventare parte integrante dell’azienda.
Parole come flessibilità, apprendimento e coinvolgimento diventano chiave per le organizzazioni che vogliano essere continuamente attrattive, in ogni fase della vita del lavoratore. Tutto questo ben si concilia con l’MBO ossia il management by objectives, un sistema per gestire e valutare le persone che si basa sul raggiungimento degli obiettivi e a cui indubbiamente sono collegati anche i concetti di performance management 2.0 e di compensation.
In cosa il performance management 2.0 è diverso da quello tradizionale
Il performance management 2.0 è molto diverso da quello tradizionale o 1.0. Quest’ultimo, infatti, si basa sulla gestione e valutazione delle performance in base a degli obiettivi stabiliti all’inizio dell’anno e si conclude con la distribuzione di premi a fine anno. Punta cioè sul concetto di differenziazione e su una valutazione con dei parametri fissati a priori e uguali per tutti.
Parlare di performance management 2.0 vuol dire, invece, concentrarsi nel dare una direzione, un significato e uno scopo ai dipendenti che siano continui, visibili e che siano in un certo senso “liquidi” come lo è la società attuale (prendendo in prestito quanto diceva il sociologo Zygmunt Bauman). Tutto può cambiare da un momento all’altro e avere degli obiettivi prefissati che non tengano conto né dei mutamenti esterni né di quello che succede in azienda e alle persone, porta queste ultime a una minore fidelizzazione organizzativa.
Parlare di performance management 2.0 vuol dire,inoltre, portare avanti una cultura del lavoro che sia profondamente diversa da quella del passato e che miri, concedendo alle persone l’autonomia e allo stesso responsabilizzandole, a far sì che “aggiungano se stesse al lavoro”, che siano davvero ingaggiate e realmente partecipi di quello che fanno, innescando così nuovi modi di pensare e lavorare.
Significa dunque creare un ambiente di lavoro umano e inclusivo, oltre che appunto flessibile, che si possa cioè adattare al dipendente. Va da sé che un performance management di questo tipo si concentra sul vedere come procedono le cose e sul collegare il lavoro a un senso molto più ampio.
Non solo gestire le persone, ma guidarle.
Come cambia la performance compensation
Date queste premesse, assume un valore diverso la performance compensation, che non si deve esaurire nei classici metodi (un aumento, un bonus). Deve essere uno scambio di valore tra azienda e dipendente e che consideri i diversi aspetti individuali di ogni persona nonché le sue specifiche esigenze e aspirazioni.
Nel modo di dare una ricompensa ai propri dipendenti vale molto anche il loro percepito e ciò che li farebbe sentire davvero riconosciuti, gratificati, parte attiva del contesto in cui si muovono. Corsi di formazione esterni, viaggi incentivi, strumenti di lavoro particolarmente evoluti e tanto altro ancora possono essere strumenti di rewarding molto apprezzati.
Alla luce di tutto questo, i sistemi informativi possono dunque supportare le organizzazioni in un processo così delicato e “sensibile” e aiutarle in una valutazione del lavoratore che possa personalizzare i parametri di analisi. Come? Basandosi sulle competenze acquisite per esempio, sulle attività portate avanti, sugli obiettivi ovviamente, ma anche sulla leadership messa in campo e tanto altro ancora.