Overcoming blended learning: il modello 70:20:10, mix-tape 2.0.
A 18 anni ho iniziato a lavorare in un piccolo pub irlandese, unico locale presente nella borgata in cui vivevo, punto di riferimento per giovani senza patente e ritrovo collaudato per quegli anziani che la patente l’avevano perduta nel tragitto verso casa.
La gestione familiare rendeva il clima molto informale. Due fratelli cinquantenni erano a capo della piccola azienda, altri 7 bighellonavano ogni sera con il loro bagaglio di racconti, consigli ed esperienze.
E’ stato ì che ho imparato a spillare la Guinness in modo esemplare, attraverso prove ed errori, il consiglio spassionato della famiglia allargata, sicura di possedere il segreto assoluto della mescita…e alcune letture personali sul miglior metodo per ottenere la schiuma perfetta, compatta come si conviene.
3 componenti mi hanno permesso di raggiungere grandi risultati:
- L’esperienza diretta sul luogo di lavoro, le sperimentazioni sul campo, gli errori e i successi
- L’interazione con i colleghi e i capi, sempre pronti a condividere i propri insegnamenti
- Le letture personali che ponevano le basi per un divertente contraddittorio
Oggi che di formazione e nuove tecnologie si parla, sono certa che quell’esperienza tardo-adolescenziale mi sia servita ben al di là delle mie aspettative.
Nel 1980, tre ricercatori che lavoravano per il Center For Creative Leadership (Morgan McCall, Michael M. Lombardo, Robert A. Eichinger) hanno teorizzato ciò che sarebbe diventato il mix-tape comunemente riconosciuto per la formazione aziendale. Il vero blended learning non doveva configurarsi come semplice unione di aula e training virtuale, quanto un miscuglio ben shakerato di insegnamento formale, informale e training on the job: nasceva il modello 70:20:10.
Manager e dipendenti hanno iniziato a comprendere come la formazione provenisse in effetti da tre fonti differenti: l’esperienza diretta (70%), l’interazione con gli altri (20%), l’apprendimento formale (10%).
Massimizzare i programmi di training significava introdurre nuovi input e attività nel tradizionale metodo educativo formale.
70:20:10
70%: i creatori del modello ritenevano che attraverso l’esperienza diretta ogni persona traesse benefici inaspettati, affinasse le skill del proprio ruolo di competenza, imparasse rapidamente dai propri errori e ricevesse feedback immediati sulle proprie performance.
20%: tramite social learning, coaching, mentoring, collaborative learning e attività interattive, ciascuno veniva messo nelle condizioni di imparare dall’esperienza del vicino, incoraggiando, essendo incoraggiato e raddrizzando il tiro in caso di errore.
10%: i corsi tradizionali, lungi dall’essere superati, traevano nuova linfa vitale dall’immersione nella vita lavorativa.
Interazioni tra Experiential, social e formal learning
Se dovessi immaginare di affrontare un compito a te completamente sconosciuto, cosa faresti istintivamente? Chiederesti aiuto a un collega più esperto per poi approfondire attraverso ricerche autonome e cimentarti in sperimentazioni e prove? Forse sì…
Il modello 70:20:10 prevede la costante interazione tra le tre dimensioni descritte, sistematizzate in framework virtuosi vicini alle reali esigenze formative dell’utente. Tanto in ambito L&D quanto nella gestione dei processi di innovazione del business, un software per l’HR permette a dipendenti e manager di migliorare performance e competenze tramite la gestione dei programmi di training e l’erogazione di materiale di approfondimento. Una soluzione applicativa a supporto delle risorse umane non potrà tralasciare i tool necessari alla creazione di community, favorendo comunicazione e interazione tra i dipendenti. Un software conforme al modello 70:20:10 saprà inoltre valorizzare la formazione tradizionale.
Il blended learning 70:20:10 deve essere ridefinito in modo da poterlo avvicinare alle reali dinamiche del luogo di lavoro e fornire adeguate impalcature per i bisogni formativi dei discenti.
Il valore dell’apprendimento informale
L’apprendimento nasce spontaneo, destrutturato, innescato da eventi esterni (nuovi incarichi, mutate condizioni di mercato, fusioni e acquisizioni€¦). Questo tipo di stimolo può essere sostenuto e valorizzato in modo significativo.
Il trasferimento della formazione è meno critico se viene visto come processo integrato nel contesto lavorativo. La sfida è quella di supportare il discente fornendo materiale adeguato, piattaforme tecnologiche e solide impalcature per il riconoscimento della formazione informale, favorendo contemporaneamente lo sviluppo delle interazioni sociali e il networking.
In una visione blended è possibile abbinare diverse dimensioni di apprendimento:
- Formale: docenza in aula, formazione virtuale, games, eModule, webinar, workshop, video, mooc (Coursera, EdX), assessment, white paper e altri supporti testuali
- Informale: executive coaching & mentoring, supervisioni, creazione di community e network, action learning
- Social: twitter, blogging, giochi interattivi, piattaforme di condivisione, app, on-line tool per lo scambio di feedback etc.
Un approccio olistico si avvicina al modo in cui le persone imparano davvero. La somma degli elementi è superiore al valore delle singole parti: le persone apprendono maggiormente con la pratica, migliorano se supportati da discussioni informali con coloro che hanno svolto il loro stesso lavoro, solidificano il loro sapere attraverso l’apprendimento formale a supporto delle skill tecniche apprese direttamente sul lavoro. Una volta individuati i bisogni formativi occorre offrire occasioni di formazione nel momento in cui si presenta una determinata necessità .
A che punto sono le aziende?
Enterprise Company e Multinazionali si stanno muovendo nella direzione giusta?
La risposta è no. Pur riconoscendo l’inadeguatezza della sola educazione formale, molte organizzazioni continuano a investire la maggior parte del budget in eventi d’aula, dimostrandosi incapaci di riconoscere il valore dell’educazione informale e dell’impatto della stessa sul discente nello specifico contesto di riferimento. Il 90% dei programmi blended finiscono nella formula del 10%. Se la classe offre opportunità uniche per migliorare le proprie skill, gli elementi on the job e interattivi non possono che esaltare il valore del confronto in aula, in un vortice virtuoso di tutte le componenti.
Riprendendo un interessante documento offerto da Vado:
- 49:26:25 is the average learning mix that most L&D professionals think exists across the workforce they support.
- 39:24:37 is the amount of time they think their HR department spends supporting on the job, informal and formal learning initiatives.
(Fonte: www.learninglight.com)
E ancora:
Paul Mathews in a blog post titled “So you think you know 70:20:10?” offers the following thought provoking question: «How can you generate experience for people more quickly than simply waiting for the universe to haphazardly provide the right situations that help them learn what they need to know? Start thinking about delivering experiences and delivering social interactions rather than just thinking about delivering content.
David V. Day goes on to say in his article «The Difficulties of Learning From Experience and the Need for Deliberate Practice» that a «potential risk to relying on experience as a primary means of €¦development is that any learning from experience in the context of ongoing work would likely be happenstance and ad hoc at best.
Vado propone 5 regole pratiche per introdurre il modello 70:20.10 nelle aziende:
1. Specific Instructions: Rather than rely on simulations or exercises in your courses or workshops, which is still part of the 10%, provide the learner with step by step instructions on how to apply the course on the job. This will eliminate the issue that David V. Day mentioned in his article about “happenstance and ad hoc at best.” The structure and guidance on how to handle the situation is provided nothing is left to chance. The learner will know exactly what to do.
2. Keep Courses Short: Most e-learning courses tackle more than one topic. Here is an example, communication skills training. Communication skills training covers numerous topics ranging from listening skills to non-verbal communication skills to knowing your audience and so on. Instead of one long communication course, an alternative training method would be to provide short courses also known as micro-learning, chunked learning, or bite sized learning. They all mean the same thing: learning content that is broken down into small bite sized chunks or one single learning topic or learning objective per course. This allows the learner to select the exact course to meet individual need at the time of need. When too many topics are addressed at the same time, the learner wastes time getting to the point in the course that applies to their particular need. Employees and leaders have no patience for wading through information, thus wasting their time. This can lead to low e-learning course utilization.
3. Job Aids: Provide the learner with job aids they can use on the job in conjunction with the step by step instructions. Job Aids make it easy for the learner to complete the exercise. Removing barriers to completing the exercise will help your learners start and finish the on-the-job exercise.
4. Mobile: To help your learner complete the instructions on the job, in an actual work situation, the learning content needs to be able to be accessed on a hand held device. Providing Structure to the 70% Cindy Pascale, Vado, Inc. CEO page 6 www.vadoinc.net 70:20:10 Guide: Each step that the learner needs to go through to access the information acts as a barrier. Eliminate as many of them as possible.
5. Self Assessment: Most e-learning courses end with a quiz that measures knowledge acquisition. This is appropriate in formal training. However, if you are designing courses that provide structure for the 70%, add an assessment that asks the learner to reflect on his/her experience and the skill building activities after the step by step instructions. As Charles Jennings suggests, this is an important component to learning in the 70%.
(Fonte: www.learninglight.com)
Occorre inoltre introdurre piattaforme per la condivisione delle informazioni e lo sviluppo dell’apprendimento sociale e allocare diversamente il budget della formazione secondo la ripartizione 70:20:10.
Lo spazio delle tecnologia
La tecnologia gioca infatti un ruolo fondamentale.
Non supporta solamente le Aziende nella gestione dei contenuti nella forma di repository. Offre qualcosa in più.
TeamSystem HR connette i percorsi formativi con i ruoli dei discenti, incoraggia le interazioni attraverso social, app, community, networking e piattaforme di uso interno (Social Collaboration per la creazione di community docenti e discenti). Con le Smart Solution permette la fruizione tramite smartphone e tablet (IOS e Android) delle funzionalità e dei contenuti erogati. L’introduzione di Open Badge permette la rappresentazione tramite badge delle competenze, determinando un punto di incontro di valore tra learners-azienda e formazione. Le Tin Can API consentono di poter raccogliere e tracciare l’esperienza utente, supportando la definizione delle azioni che hanno impatto positivo sul training. Le modalità in Self Service permettono il tracciamento del training on the job e la gestione dei costi indiretti (es. trasferte).
Il modello 70:20:10 trova piena espressione e supporto, a sostegno del naturale processo di acquisizione delle competenze.