Great Resignation: quali iniziative possono adottare le aziende per contrastare le Grandi Dimissioni

13.07.2022 - Tempo di lettura: 4'
Great Resignation: quali iniziative possono adottare le aziende per contrastare le Grandi Dimissioni

È uno degli argomenti del momento, anche se forse non se ne conoscono ancora del tutto i confini né si può sapere quale sarà la sua evoluzione. Parliamo della Great Resignation o, se preferiamo usare la nostra lingua madre, “Grandi Dimissioni”. Una tendenza sempre più diffusa ad abbandonare il posto di lavoro se non ci si ritrova più o se mancano determinate condizioni, e non solo perché si cerca una carriera migliore o uno stipendio più alto.

Oggi, complice il vissuto legato alla pandemia, chi lascia quello che ha fatto per anni o per mesi lo fa perché va incontro a una qualità della vita più alta, che non lo porti a stare ore e ore in ufficio senza poi avere il tempo per fare altro.

Preso atto di quanto sta succedendo, cosa possono fare le aziende per “combattere” le Grandi Dimissioni? Su quali aspetti devono puntare? Vediamoli insieme.

Coprogettazione delle attività e ascolto

La parola d’ordine è sicuramente co-progettazione. Ovviamente, ognuno ha il proprio ruolo in azienda, ma questo non vuol dire che non si possa ripensare alle attività che porta avanti e capire se è effettivamente quello che una persona si sente ancora di fare o è ancora in grado di fare. Le Grandi Dimissioni hanno messo infatti l’accento su un aspetto molto importante: prestare attenzione a come ci si sente nel momento che si sta vivendo.

Ci sono ruoli che non calzano più a pennello perché magari c’è chi non è disposto a fare riunioni a tarda sera o a interagire con colleghi che stanno dall’altra parte del mondo; oppure, complice una maternità o una paternità, non riesce più a essere presente a tutte le ore. Così come può capitare che chi era abituato a passare tanto tempo in macchina, come ad esempio un commerciale, adesso non se la senta più.

Ecco perché, sia chi si occupa di Risorse Umane sia chi gestisce le persone (vale a dire manager, responsabili di team, project manager e così via) dovrebbe capire quanto il modo in cui è organizzata l’azienda vada incontro alle aspettative dei lavoratori. Questo è possibile se si fanno degli incontri periodici per vedere come proseguono le varie attività, ma anche se le occasioni di confronto sono fortuite e meno “ingessate”, come una chiacchiera alla macchinetta del caffè, in uno spazio relax o mentre si scalda il pranzo nella cucina aziendale.

È infatti importante testare se quello che il lavoratore fa è in linea con il suo purpose personale e il posto che vorrebbe occupare nel mondo. Molte persone, infatti, che si sono dimesse hanno ammesso di “non sentirsi più se stesse al lavoro”. È ovvio che non è un obiettivo facile da perseguire, ma se, per esempio, tra gli scopi di un lavoratore c’è quello di aiutare gli altri e, anziché a contatto con il pubblico, è stato “spostato” nelle “retrovie”, questo a lungo andare potrebbe pesargli. Allora, anziché aspettare che “scoppi” o se ne vada, meglio analizzare costantemente come si trova e prospettargli la possibilità di cambiare mansione.

Formazione continua e non solo legata al lavoro

Co-progettazione dovrebbe essere la parola d’ordine anche per la formazione continua da garantire ai dipendenti. A parte i corsi obbligatori e quelli legati all’aggiornamento delle competenze tecniche necessarie per il lavoro che si svolge quotidianamente, per i dipendenti è sempre più importante sviluppare soft skill, utili non solo per la professione.

Vale a dire: puntare su corsi o micro-pillole in ottica di micro-learning, che riguardano l’organizzazione, il problem solving, il sapersi relazionare con gli altri e così via.

Un altro modo per combattere le Grandi Dimissioni è prevedere dei corsi che non siano strettamente legati al lavoro, ma che vengano incontro anche a nuove curiosità e passioni o interessi che possono nascere in un prossimo futuro. Per fare qualche esempio: se ci si accorge che c’è una richiesta latente, si possono organizzare corsi di lingua francese o tedesca anche se l’azienda non ha clienti all’estero o nei Paesi che parlano quelle lingue. O ancora: corsi di gestione social media o di scrittura che possano aiutare le persone ad aprirsi degli orizzonti e a capire meglio il contesto attuale, oltre a migliorare il loro modo di comunicare.

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Puntare sul benessere dei dipendenti

Oggi si parla sempre più di wellbeing e benessere dei dipendenti, aspetto che conta tantissimo sul decidere se restare o meno in un’azienda. Per questo è molto importante il ruolo del welfare aziendale e il riconoscimento di benefit che siano davvero graditi e utili.

Oltre ai buoni pasto o al rimborso delle spese mediche, contano sempre di più servizi come l’asilo o il maggiordomo aziendale così come può avere valore il riconoscere ai dipendenti un abbonamento a teatro, in palestra o organizzare dei corsi di yoga in azienda.

Secondo i dati emersi dal Work Trend Index 2022 elaborato da Microsoft – 31mila persone in 31 Paesi – il 42% delle persone è alla ricerca di benefici per la salute mentale e il benessere.

Pertanto le aziende devono far di tutto perché l’ambiente di lavoro venga sempre più identificato con un posto in cui si sta bene e non da cui si voglia scappare non appena si può.

Garantire il lavoro ibrido o flessibile

Altro elemento chiave è lo smart working, ormai considerato alla stregua di un vero e proprio benefit, anche se è più corretto parlare di lavoro ibrido o “flessibile”.

Eppure, stando sempre all’indagine Work Trend Index 2022, solo il 28% dei datori di lavoro sta andando in questa direzione, molti stanno invece proseguendo sulla strada della “restaurazione” chiedendo ai propri dipendenti di andare in ufficio, indipendentemente dalle attività che devono svolgere, almeno 3 volte alla settimana in giorni prestabiliti.

Invece, ripensare all’ufficio come un punto di incontro – che magari favorisca la collaborazione di team diversi e di persone che si incontrano raramente – e dare la possibilità ai dipendenti di lavorare in modalità flessibile, è diventato sempre più necessario.

Bisognerebbe, infatti, dare la possibilità ai dipendenti di organizzarsi in autonomia; in questo modo, per venire incontro alle esigenze aziendali, si possono garantire dei giorni della settimana in cui essere presenti in sede, senza che questi siano vincolanti e portino, a doversi prendere dei permessi per accompagnare i figli a scuola o per andare a prenderli.

Un’alternativa potrebbe essere dare la possibilità di stare in ufficio al mattino e il pomeriggio di lavorare da remoto o viceversa. Sono solo esempi, quello che emerge è una esigenza sempre più sentita di flessibilità che le aziende devono alimentare.

Il tutto all’insegna del lavoro per obiettivi e dell’accountability ossia “responsabilizzazione”.

Creare una comunicazione trasparente

Infine, le aziende oggi devono essere chiare e trasparenti, sia su come portano avanti il loro business che sulle nuove attività che vogliono avviare, così come sui processi di carriera e sui cosiddetti “organigrammi”. Qualsiasi cambio interno va comunicato senza troppi giri di parole e facendo capire, ove possibile, da cosa è stato generato.

I dipendenti accettano sempre meno di “trovarsi di fronte al fatto compiuto” e si aspettano una comunicazione che sia positiva, nonché costante. Anche perché vogliono sempre più essere parte attiva di quello che fanno e sapere di poter dare il proprio contributo.

Se si vuole che ci siano più persone coinvolte e ingaggiate e meno dimissionari, non c’è altra strada da intraprendere.

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