Digital soft skill: questione di strumenti, questione di cultura?
Se le hard skill possono essere definite come saper fare, l’insieme delle competenze e l’abilità di applicarle in modo appropriato alla propria attività , le soft skill rappresentano qualcosa di differente.
Si tratta di unire alle capacità tecniche alcune caratteristiche della personalità : qualità , atteggiamenti individuali, abilità sociali, comunicative e gestionali proprie di ogni collaboratore. Spesso vengono definite come saper essere, un tipo di comportamento più sociale, condiviso, partecipato, responsabile.
In questi ultimi anni, l’attenzione nei confronti delle soft skill è cresciuta, tanto che per i selezionatori rappresentano competenze e abilità di cui non è più possibile fare a meno. Difficile definire con esattezza questa componente insita nella natura delle persone. Qualcuno l’ha chiamata imprenditorialità interna, ma la si può definire anche autonomia, creatività , cooperazione. Il rapporto tra persona e lavoro è sempre più orientato verso la ricerca di senso e significato profondo, superando la vecchia idea di ripetizione di azioni prestabilite e comportamenti standardizzati e normalizzati.
Un sondaggio recente svolto tra enti e aziende europee ha individuato alcune tra le più importanti soft skill – indispensabili in una società che va incontro a un cambiamento epocale grazie alla tecnologia: problem solving, flessibilità , attitudine a lavorare in gruppo, motivazione, creatività , gestione del tempo.
La vera novità però è un’altra: se è vero che la trasformazione digitale ha investito tutti i settori, anche quelli tradizionali e lontani dal mondo della tecnologia, costringendo a ripensare velocemente modelli di business e processi aziendali, le stesse soft skill sono state coinvolte nel processo di cambiamento:
le competenze digitali si sono spostate, infatti, verso l’area soft
e le soft skill sono diventate sempre più digitali o digitalizzate.
Le aziende si sono messe alla ricerca di nuove digital capabilities e nuove professionalità , in grado di creare una cultura digitale che coinvolga ogni aspetto dell’organizzazione aziendale.
Il settore dei servizi ha risposto con prontezza alla rivoluzione in atto e si caratterizza oggi come uno degli ambiti più maturi dal punto di vista delle digital soft skill: in particolare, le aziende appartenenti ai settori ICT, consulenza, media e telco mostrano livelli di maturità maggiori soprattutto negli ambiti knowledge, networking e creativity.
Per sviluppare e introdurre le diverse tipologie di digital soft skill all’interno delle organizzazioni, l’approccio più diffuso è stato quello di utilizzare corsi di formazione spot (nel 67% dei casi), seguiti da attività di sensibilizzazione (es. iniziative sulla intranet), corner point in azienda, campagne di comunicazione, innovation lecture con guru e influencer (52%). Circa un’impresa su cinque ha iniziato a valutare le digital soft skills anche in sede di selezione dei candidati.
La digital transformation ha avuto il merito di aver spostato a poco a poco l’interesse e le strategie delle aziende da visioni legate al controllo verso una prospettiva che vede la persona al centro, la sua libertà , il potenziale che è in grado di esprimere in termini di innovazione, appartenenza a una comunità , bisogno di connessione. Le abilità digitali, la dimestichezza con la quale si lavora in modalità digitale, si sposano sempre più con la maturità digitale, la consapevolezza critica nell’utilizzo degli ambienti di rete.
Le persone sono chiamate a mettere in campo la propria capacità di giudizio e le proprie competenze. Una bella affermazione compendia in poche parole come si dovrebbe intendere il lavoro oggi: è di Reid Hoffman, fondatore del social network LinkedIn e venture capitalist, il quale afferma Tutti, in una società interconnessa, dovrebbero pensare a se stessi come a una piccola azienda.
In questa affermazione c’è tutto lo spirito della cosiddetta digital disruption, che obbliga le imprese a trasformarsi in modo agile e orientato al risultato, a incoraggiare il dialogo e stimolare le persone che vi operano ad arricchirlo costantemente con il proprio personale contributo, pena l’impossibilità di affrontare con successo il mondo che cambia.
Non è una questione di strumenti, è una questione di cultura.