Intelligenza Artificiale: il suo potere e la sua forza
Che cos’è l’IA?
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi [..]”. (citazione tradotta dall’originale inglese)
Questa frase, tratta da uno dei capolavori del cinema di Ridley Scott “Blade Runner”, racchiude in sé tutte le sfaccettature di quello che è una intelligenza artificiale (IA).
Ma come possiamo definire un software IA. Ho trovato questa definizione che mi è molto piaciuta:
“L’intelligenza artificiale (o IA, dalle iniziali delle due parole, in italiano) è una disciplina appartenente all’informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.” (Marco Somalvico). La frase tratta da Blade Runner e la citazione, sembrano coincidere a meraviglia, ma la prima sembra essere il risultato dell’applicazione pratica della seconda.
Ritornando ai giorni nostri, solo la definizione di cui sopra ha un senso valido.
L’IA è infatti lo studio e l’applicazione di quegli algoritmi che consentono di simulare il comportamento umano nella sua più ampia accezione.
Lo studio dell’IA infatti è volto non solo a creare delle “macchine” capaci di agire come l’essere umano, ma anche di comportarsi come tale. Se da un lato abbiamo chi si occupa della cinematica umana per ricostruirla (e qualche volta migliorarla) così che dall’hardware possa muoversi come noi, dall’altra c’è chi analizza gli aspetti cognitivi e reattivi per poter sviluppare un qualche cosa che sia in grado di affrontare la vita quotidiana, il lavoro e ogni altro aspetto che attualmente è solvibile solo dall’essere umano.
Stiamo cercando di sostituirci da soli? Assolutamente no.
Stiamo, secondo me, invece cercando di capirci meglio per poter creare nuovi strumenti, più evoluti, che ci aiutino nei compiti giornalieri, o in quelle situazioni in cui l’uomo può non riuscire.Gli aspetti di questo sono molto complessi e difficili da definire ed interpretare, non fosse per altro che i punti di vista sono molteplici e spesso contrastanti. Partiamo dalla cosa più incredibile che noi conosciamo: la vita. Pensate ad un neonato, benchè sia appena nato, ha già percezione delle cose che lo circondano, impara, esplora, piange, respira, guarda, si muove e compie un innumerevole sequenza di azioni.
Ora pensate a scrivere tutte queste informazioni come un codice di un programma.
Qualcuno direbbe che è fattibile, si vero. Ma il codice di programmazione ha un limite notevole: è scritto da un essere umano e per quanto bravo sia il programmatore, il codice ha un suo limite operativo, cioè la stessa capacità del programmatore di immaginare gli eventi. Contrariamente, la programmazione anche in un neonato è talmente avanzata, che si adatta attimo per attimo agli eventi che lo circondano.
Lo scopo dell’IA come disciplina è appunto quello di avvicinare queste due così lontane “programmazioni” per poi provare ad applicarle a un hardware che possa poi rendersi utile all’uomo stesso.
Volutamente ho parlato sempre di hardware: l’intelligenza artificiale non necessita per forza di un corpo umano, ma è l’applicazione dell’intelligenza umana ad aver bisogno di un hardware adatto per svolgere una determinata operazione.
Facciamo qualche esempio:
Immaginiamo di essere in vacanza in un paese che non conosciamo e di dover chiedere delle informazioni. Il modo in cui poniamo la domanda, la lingua che usiamo, anche solo il tono o il modo di come pronunciamo i nomi possono essere molto differenti. Un essere umano riuscirebbe ad interagire con noi per risponderci e darci le risposte che necessitiamo. Un computer, ad oggi, può solo basarsi su un algoritmo, e su uno storico, per poter arguire la domanda (se cerchiamo qualche cosa su Google per esempio, ci vengono proposti i risultati più prossimi alla nostra richiesta).
Ora immaginate invece se fosse possibile fare richieste ad un sistema hardware che potrebbe rispondere alle nostre domande non solo approssimandosi, ma capendole: questo sarebbe un aiuto notevole per un turista che non conosce la lingua locale!
E tornando alla prima frase: “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi [..]”….
Fatto salvo che la consapevolezza della persona (“Io”) che probabilmente potrebbe essere considerato come una conseguenza della conoscenza stessa, il resto della frase da l’idea di quello che può essere una IA: “..ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi [..]” : sono stato in posti e ho fatto cose dove voi esseri umani non potevate stare, e, nella mia testa, ho fatto quanto voi non potevate fare.