Cognitive Computing: che cos’è?
Poche settimane fa, a una fiera di settore, mi sono trovato davanti un piccolo robot che, guardandomi con i suoi “occhi” (due webcam) mi ha salutato chiamandomi con il mio nome. Non avevo nessun badge o dispositivo elettronico identificativo, ma mi ha riconosciuto grazie al Cognitive Computing.
Cognitive Computing: il lato umanistico dell’IT
Per Cognitive Computing si intente l’applicazione pratica dell’Intelligenza Artificiale nella quotidianità, grazie a un mix di scienze cognitive applicate all’informatica.
Potremmo dire che è il lato umanistico dell’IT, in cui il computer non si limita a rispondere a quello che sa o a ciò per cui è stato programmato, ma introduce un fattore non prevedibile di risposta derivato dall’autoapprendimento del sistema.
Per capirci, un’azione fatta oggi da un umano tramite un software probabilmente darà una risposta diversa se replicata, senza cambiarla, dopo qualche tempo. O in altre parole, i computer crescono da soli in capacità, appunto, cognitiva.
Imitare il cervello umano
L’obiettivo di Cognitive Computing è quello di simulare processi di pensiero umani in un modello computerizzato. Utilizzando algoritmi di autoapprendimento che utilizzano il data mining, il pattern recognition e l’elaborazione del linguaggio naturale, un software diventa in grado di imitare il modo in cui funziona il cervello umano.
Per arrivare a ciò, però, si è dovuto superare il limite dei sistemi informatici tradizionali nella comprensione del linguaggio naturale (il parlato o lo scritto) o nel riconoscimento di oggetti unici all’interno di un’immagine.
L’importanza della capacità di calcolo
Questi risultati sono possibili perché, oltre all’intelligenza artificiale, oggi possiamo disporre di un enorme capacità e velocità di calcolo. E, infatti, la qualità della risposta è direttamente proporzionale alla quantità di dati che il sistema ha a disposizione: più apprende e più accurata la risposta diventa nel tempo.
Non è un caso se tra i pionieri del Cognitive Computing troviamo IBM con la sua architettura IBM Watson, una piattaforma basata su potenti algoritmi di apprendimento strutturati su reti neurali in grado di elaborare e confrontare enormi volumi di dati.
Ovviamente Google non sta a guardare e, forte dell’ampia base dati di cui dispone, ha mostrato di saper sviluppare la capacità cognitiva dei propri servizi offrendo una crescita qualitativa nel tempo. Si pensi che i suoi sistemi di test, che nel 2013 erano in grado di riconoscere una pizza semplicemente da una foto, ora possono dire che quella pizza è condita con i funghi e se è troppo cotta. Il tutto partendo dalla stessa immagine.
Applicazioni pratiche
I campi di applicazione sono infiniti, dal retail alla sanità, dalla finanza all’entertainment. Non ci sono limiti.
Nel contesto sanitario, il Cognitive Computing aiuta nella diagnosi incrociando diverse tipologie di dati specifici, per esempio la storia del paziente, con fonti esterne quali articoli di riviste, blog, dati statistici e tanto altro. Il medico continua a portare il proprio contributo soggettivo, ma lo fa supportato in tempo reale da una quantità di informazioni e una pre-analisi fino a ieri ottenibile solo con lunghe e costose ricerche e studi.
Lo stesso processo si applica anche a settori quali la finanza, il commercio, la formazione.
Se consideriamo, poi, l’utilità del fattore tempo, troviamo diverse applicazioni nei settori legati all’analisi del comportamento di un consumatore. Nascono così gli esempi in cui si mette a disposizione un assistente virtuale, robotizzato o meno, per personal shopping, assistenza clienti, informazioni turistiche, tutor di sicurezza e molto altro. Tra i pionieri c’è la catena Hilton Hotels in cui ha recentemente debuttato Connie, il primo robot di portineria in grado di rispondere in linguaggio naturale a domande su hotel, attrazioni locali e ristoranti.
Le basi per il domani
Gli assistenti digitali personali che abbiamo nei nostri smartphone, come Siri, Cortana o GoogleNow non sono veri sistemi cognitivi poiché hanno un insieme preprogrammato di risposte valide per un prefissato numero di richieste. Anche se non si tratta di applicazioni Cognitive in senso stretto, però è evidente che sono il preludio all’ingresso del Cognitive Computing nella nostra quotidianità.
Il momento è arrivato e, senza saperlo, stiamo contribuendo a costruire un’enorme base dati al servizio, appunto, del Cognitive Computing di domani.