Studi professionali: perché la comunicazione strategica è importante
Lo abbiamo già detto, di certo, ma mai come in questo periodo storico, a mio avviso, è fondamentale sottolineare come la comunicazione all’interno di uno studio professionale non sia e non debba essere una mera appendice di esso, una sorta di soprammobile del quale non si può fare a meno, e più che altro per non essere criticati dai competitor e guardati con sospetto dai clienti, piuttosto che valorizzarlo e porlo in una posizione di primo piano.
La comunicazione, e a dirlo non siamo noi che la facciamo, ma lo dimostrano fatti e studi, deve, sottolineo l’imperativo categorico, con il marketing e il business development, entrare a far parte della stanza dei bottoni, essere leva strategica di prim’ordine all’interno degli studi professionali.
Secondo una ricerca presentata lo scorso ottobre al Law Firm Marketing Summit a Londra, e riportata dal Global Legal Post, la maggior parte dei team di marketing e sviluppo aziendale (MBD) degli studi legali (circa il 65%) trascorre la gran parte del proprio tempo a risolvere problemi ordinari, piuttosto che pianificare e gestire iniziative strategiche.
L’indagine, dal titolo “Agility In A Disrupted World, Dealing With Disruption” è stata condotta dal responsabile della strategia di Van Bael & Bellis, Reign Lee, e dal direttore marketing e sviluppo aziendale di Hausfeld, Silvia Van Den Bruel su un campione di circa 37 professionisti dello sviluppo aziendale e del marketing di aziende globali, europee e con sede nel Regno Unito, la cui maggior parte donne e il 71% opera a un livello molto senior.
La ricerca ha evidenziato come soltanto meno di un quarto degli intervistati ha affermato di dedicare più tempo alla strategia, mentre il 14% ha indicato una ripartizione 50/50.
In genere, come emerso dall’indagine quasi tutti gli MBD (il 97%) sono in grado di fornire indicazioni e strategie al gruppo di governance per sviluppare il business di studio ma soltanto il 57% siede nel cda o ha ruolo gestionale.
Altro tema da porre all’attenzione è quello degli strumenti, sempre l’indagine pre citata, ha fatto emergere il dato secondo il quale i team MBD non ricevono un sostegno finanziario sufficiente da parte del management, per affrontare e portare avanti strategie di sviluppo.
Meno della metà degli intervistati, il 46% circa, ha affermato gli studi di appartenenza stanno investendo nel talento e facendo crescere i propri team MBD, un dato come dire incoraggiante ma se poi si incrocia con il precedente di mancanza di fondi per sviluppare le strategie, come dire l’immagine che ne emerge è distonica, un po’ come dire che gli studi credono nella comunicazione, marketing e bd ma non abbastanza e non completamente da farne un pilastro portante dello studio, non considerandolo più centro esclusivamente di costo ma parte della macchina strategica e dirigenziale.
Scorrendo ancora i dati dell’indagine anglosassone, ma che a mio avviso ben si confà anche al mercato italiano, il 69% degli intervistati ha inoltre affermato di dedicare la maggior parte del proprio tempo ad affrontare questioni a breve termine piuttosto che concentrarsi su iniziative a lungo termine proprio a causa della mancanza di risorse.
Manca il coraggio, manca il coraggio di fare quel passo avanti, di affidarsi ai professionisti del MBD e di lasciargli una delle leve del comando, sarà forse una causa imputabile ad una visione ancorata, anche in questo caso, al patriarcato, visto che la maggior parte di queste posizioni sono occupate da donne, o piuttosto ad un’appartenenza di casta che resta, seppur palesando un’apparente voglia di emancipazione e apertura, chiusa e blindata affidandosi esclusivamente per la parte decisionale a se stessa?
Sarà forse un’utopia, o una visione futurista, o forse ancora è un augurio, il mio, chissà se un giorno uno studio deciderà di nominare managing partner la responsabile della comunicazione e marketing dello stesso studio, quali sarebbero a partire da quel giorno le possibili evoluzioni?