La sostenibilità ambientale negli studi professionali
Negli ultimi anni, la sostenibilità ha assunto una posizione di primo piano anche nelle fasi di assunzione e successiva fidelizzazione delle risorse umane.
L’esperienza che stanno vivendo le imprese, quando non già condivisa, è senz’altro un monito per gli studi: tra i fattori presi in esame per scegliere il proprio datore di lavoro vengono valutati anche la sua “greenness” (intesa qui come sostenibilità ambientale e sociale) e i benefici ad essa correlati.
Si sta assistendo a una vera e propria guerra di talenti: le realtà che riescono ad adattarsi rapidamente per dare risposte concrete a queste nuove istanze sono quelle che poi riescono ad attrarre e trattenere le risorse migliori.
E se è vero per tutte le organizzazioni che il capitale umano è un fattore fondamentale per il successo di lungo termine, è evidente quanto lo sia, a maggior ragione, per uno studio professionale.
È quindi una priorità assoluta non concentrarsi solo sulla gestione della fase di assunzione ma anche occuparsi attentamente di tutte quelle attività che concorrono a fidelizzare le persone.
A questo proposito invito chi fosse preoccupato degli oneri che piani di welfare, corsi di formazione e altre iniziative comportano, ad adottare un approccio intellettualmente onesto e, per valutare che cosa davvero si debba intendere come “oneroso”, mettere sull’altro piatto della bilancia anche i problemi, i rallentamenti, la perdita di know-how (e magari anche di clienti), i costi -anche e forse soprattutto in termini di tempo da dedicare alla ricerca di nuove persone, ai colloqui, alla formazione, ecc.-, e quindi, in generale, i mancati guadagni che derivano da un elevato turnover.
Già solo leggere questo primo -e non esaustivo- elenco dovrebbe rendere l’idea di che cosa veramente vada considerato come “costo”.
Per tacer degli impatti sulla reputazione di uno studio in cui i professionisti entrano ed escono con la stessa rapidità.
Nessuna realtà può avere successo nel lungo periodo se la gran parte delle sue energie sono sprecate nel far fronte alle inefficienze generate dalla fuoriuscita dei professionisti che vi operano.
E senza considerare le perdite dirette di fatturato generate dai clienti che decidono di seguirli.
Ma che cosa attrae dunque le persone in cerca di lavoro, almeno secondo le ricerche condotte all’interno delle aziende e da cui poter trarre qualche utile spunto per gli studi professionali?
Secondo un sondaggio condotto da Glassdoor, quasi 3 persone su 5 analizzano con molta attenzione benefit e vantaggi prima di accettare un’offerta di lavoro. Un sondaggio condotto da Harvard Business Review ha rilevato che, a parte l’assicurazione sanitaria, le persone in cerca di lavoro attribuiscono un grandissimo valore a benefici sociali quali orari più flessibili, più tempo per le ferie e opzioni di lavoro da casa -a proposito di quest’ultima, secondo le ricerche circa l’80% delle persone in cerca di lavoro prende in considerazione l’idea di accettare un nuovo impiego se viene consentito loro di lavorare da casa. Questi provvedimenti -molto popolari tra i millennial- sono convenienti e sostenibili anche per le piccole realtà che desiderano offrire benefici allettanti ma non possono permettersi un costoso pacchetto welfare. Peraltro, sono iniziative non solo dirette ad attrare nuovi talenti ma anche a trattenere quelli che già operano all’interno: sempre secondo le statistiche, infatti, il 71% dei lavoratori è disposto a lasciare il proprio lavoro se gli vengono offerti orari flessibili in un nuovo ruolo.
Altri benefici per i dipendenti che le persone in cerca di lavoro prendono in considerazione sono assistenza alle tasse scolastiche, prestiti studenteschi, congedo parentale retribuito, servizi di assistenza diurna gratuita, snack e caffè gratuiti, attività di team-building, palestra in loco e lezioni di fitness gratuite. Le piccole imprese che, per ragioni economiche, non possono offrire questi benefit possono proporre alternative ragionevoli: una può essere mettere a disposizione dei coupon da utilizzare presso le palestre locali per continuare con l’esempio citato.
Se tutto questo appare futuristico, forse è perché non si sta considerando il cambio generazionale in corso che vede l’ascesa dei millennial: negli Stati Uniti stanno rapidamente diventando la generazione più rappresentata tra i lavoratori. Ed è un gruppo di persone che ha grandi aspettative in merito alla soddisfazione sul lavoro. Secondo uno studio di Deloitte, infatti, due millennial su tre sono pronti a licenziarsi nel momento in cui non riescono a trarre adeguate soddisfazioni dal loro lavoro o se hanno la sensazione che quello che fanno non ha altri obiettivi oltre al profitto. Inoltre, quasi 9 millennial su 10 ritengono che il successo di un’azienda non debba essere misurato solo in termini di performance finanziaria ma anche in base alla sua capacità di prestare attenzione all’ambiente e prendersi cura della vita sociale dei propri dipendenti. Quasi 9 su 10, lo ripeto.
Coerentemente con queste convinzioni i millennial sono disposti a sacrificare una parte del loro stipendio per lavorare per un’azienda sostenibile e in grado di fornire benefici sociali.
Diventa quindi urgente ragionare su programmi e iniziative che dimostrino l’impegno concreto delle imprese verso la sostenibilità e nello specifico che vadano nella direzione di ridurre l’impatto ambientale, migliorare la soddisfazione sul lavoro e, come le ricerche dimostrano, incrementare l’attrattività prima e la capacità di ritenzione dei talenti poi, a tutto vantaggio di un loro aumento di lealtà, produttività ed efficienza.
Nell’attuale guerra di talenti, gli studi legali che si adattano rapidamente alle nuove esigenze di sostenibilità e benessere dei dipendenti hanno un vantaggio competitivo. L’implementazione di un software studio legale può supportare queste iniziative, migliorando l’efficienza e la produttività. Questo non solo attrae nuovi talenti, ma aiuta anche a trattenere i professionisti di valore all’interno dello studio.
E gli studi professionali allora che cosa dovrebbero fare?
La vera domanda è: perché per loro dovrebbe essere diverso?
La demografia interessa tutti, studi professionali compresi.