Implementazione di Politiche DE&I negli Studi Legali: Vantaggi e Strategie
Negli articoli precedenti ho cominciato a condividere qualche riflessione in merito all’importanza che riveste il linguaggio quando si affronta il tema della diversity equity and inclusion. Ho voluto soffermarmi in particolare su che cosa sono e su come si formano bias, stereotipi e pregiudizi perché se non si è capaci di riconoscerli e rifletterci sopra, introdurre nel proprio ambiente lavorativo delle politiche di diversità e inclusione risulta poco efficace (per non dire inutile).
Adesso possiamo fare un passo avanti e chiarire invece che cosa si intende con il termine inglese “diversity”: il riconoscimento e la valorizzazione delle diversità che le persone possono esprimere. Il plurale non è un caso: direi che è abbastanza immediato cogliere la differenza in termini di pensiero quando si dice “la diversità” invece di “le diversità”.
Per inquadrare meglio il discorso ci si riferisce a quattro macro-tipi di diversità che a loro volta si articolano in 2 micro-diversità:
- Diversità di gender, articolata in diversità di genere e diversità di orientamento sessuale
- Diversità di abilità, articolata in disabilità fisiche e disabilità intellettive
- Diversità di caratteristiche personali, articolata in età e caratteristiche fisiche
- Diversità di cultura, articolata in credo religioso ed etnia.
È importante saperlo perché, come già accennato nell’articolo precedente, stereotipi e pregiudizi investono, tra gli altri, tutti i tratti identitari delle persone: orientamento sessuale, espressione di genere, abilità, razza, credo politico o religioso, status sociale, età.
Le persone usano spesso le parole inclusione e diversità in modo intercambiabile ma sono due termini che hanno significati molto diversi. Semplificando: “diversità” riguarda la rappresentanza, mentre “inclusione” la garanzia dell’inserimento di ciascun individuo all’interno della società (intesa come un qualsiasi ambiente, professionale, scolastico, ecc.) indipendentemente, e anzi accettando, le caratteristiche che le rendono uniche.
Rubando le parole di Verna Myers, popolare critica sociale statunitense: “la diversità è quando ti invitano alla festa, l’inclusione è quando ti invitano a ballare”.
Perché sono necessarie entrambe e non vanno confuse? Un esempio per tutti può aiutare a chiarire: le donne potrebbero essere ben rappresentate a livello di senior management o partnership ma ancora non sentirsi incluse a causa di norme di genere di vecchia data, discrepanze salariali e altri fattori.
Ma al di là di ragioni squisitamente etiche, perché si dovrebbero fare degli sforzi in tale direzione?
Numerose ricerche condotte anche a livello internazionale hanno riconosciuto una serie di vantaggi alle realtà che adottano politiche di diversity, equity and inclusion: vediamo i principali.
Maggior predisposizione ad innovare.
La promozione e la valorizzazione delle diversità contribuisce all’innovazione e al cambiamento, in quanto consente di attrarre persone più attente a questi temi e di mettere in luce punti di vista, idee ed esperienze differenti, a tutto vantaggio dei risultati di lungo periodo.
Maggiore capacità di attrazione delle nuove generazioni. Migliori performance.
Non è un mistero che le generazioni più giovani siano decisamente più attente a questi temi.
Un employer branding più efficace e, di conseguenza, una migliore capacità di attrarre e trattenere i talenti non solo migliorano l’immagine dello studio ma contribuiscono anche ad aumentare la performance: in un ambiente in cui tutti si sentono a loro agio e possono esprimere liberamente la propria unicità, si registra una generale diminuzione dello stress, un miglioramento del clima e, di conseguenza, del lavoro svolto.
Fidelizzazione delle persone.
Sempre collegato a quanto sopra, le persone che si sentono apprezzate e condividono i valori chiave della realtà in cui operano sono molto meno propense a cercare un altro lavoro. Il coinvolgimento delle persone e la loro fidelizzazione a sua volta migliora la loro capacità di apprendimento di nuovo a tutto vantaggio della qualità del lavoro svolto.
Flessibilità maggiore nel rispondere alle esigenze del mercato a livello global.
Una forza lavoro più rappresentativa e produttiva, in grado di portare in studio un’ampia varietà di prospettive, background e modi di pensare, con ritorni positivi anche sui processi di innovazione ha un impatto sulle prestazioni finanziarie e si porta in dote una maggiore creatività, facilitata dalla cosiddetta “ridondanza cognitiva”, cioè la presenza di alternative di pensiero all’interno della stessa organizzazione.
Affinché abbia successo l’introduzione di una politica di diversity, equity and inclusion deve essere integrata nella cultura e nel sistema valoriale dello studio. Adottare un approccio frammentato o con azioni isolate che intervengono solo su alcune specifiche diversità o portano cambiamenti solo su determinati gruppi di lavoro non servono. L’intera organizzazione deve essere pienamente ingaggiata e consapevole di quanto sia importante muoversi in questa direzione ma perché ciò avvenga è fondamentale assicurarsi che la leadership dello studio sia coinvolta nelle iniziative di diversità e inclusione e offra il supporto necessario per ottenere i migliori risultati possibili.
I cambiamenti interni determinati dall’adozione di queste politiche e dalle varie iniziative e attività per promuoverle devono essere perfettamente in linea con gli obiettivi generali dell’organizzazione e soprattutto molto concreti e visibili.
Non basta un bello slogan, un comunicato o fosse anche un piano strutturato di comunicazione a rendere una realtà inclusiva e capace di trarre vantaggio dalle diversità interne se, nella vita quotidiana e nel vissuto relazionale i principi declamati non trovano applicazione su larga scala o vengono introdotti senza apportare coraggiosi interventi correttivi, tali da rimuovere quegli ostacoli (pratiche, policy, ecc.) che ne impediscono la piena realizzazione.
Il cambiamento culturale che assicura il successo di queste politiche si ottiene se, oltre a quanto già detto, coinvolge tutti quanti operano all’interno: è necessario, quindi, che vengano organizzati adeguati percorsi di formazione e che tutti, per tornare a quanto detto all’inizio di questi articoli, comprendano quanto sia importante adottare un linguaggio e dei comportamenti rispettosi per consentire la creazione di un ambiente lavorativo dove tutti possano e soprattutto siano messi in condizioni di esprimersi.