Leadership e genere: alla ricerca di un equilibrio tra stereotipi e realtà

09.12.2024 - Tempo di lettura: 2'
Leadership e genere: alla ricerca di un equilibrio tra stereotipi e realtà

La presenza femminile nei ruoli di leadership apicali, come CEO e posizioni di C-Level, resta significativamente inferiore rispetto a quella maschile.

Secondo il Global Gender Gap Report 2022 del World Economic Forum, a livello globale le donne rappresentano il 31,7% delle posizioni di leadership, con forti variazioni tra settori.

In Italia, la situazione non è molto diversa: le donne occupano il 24% dei ruoli di CEO e il 34% delle posizioni di senior management.

Sebbene i dati mostrino un leggero miglioramento rispetto agli anni precedenti siamo ancora lontani dall’equilibrio di genere.

Questi numeri sollevano interrogativi -anche se a volte non in modo esplicito- non solo sugli ostacoli tradizionali che frenano l’ascesa femminile nelle gerarchie aziendali, come la maternità e il doppio carico familiare e lavorativo, ma anche sulle possibili correlazioni tra il genere e le caratteristiche che rendono un leader tale.

Esistono dunque qualità intrinseche che rendono gli uomini più adatti a ruoli di leadership o si tratta di una percezione alimentata da stereotipi culturali?

Partiamo dicendo una cosa che può sembrare ovvia e che poi merita una riflessione più accurata: un leader è tale se esistono dei follower.

In maniera leggermente più sofisticata, un (una?) leader è tale se un determinato gruppo di persone si dimostra disponibile ad ascoltarlo/a, ad essere guidato e, in generale, gli (le?) riconosce un certo livello di rispetto.

Ma allora se ascolto, guida e rispetto sono caratteristiche per così dire intrinseche della leadership, come si intrecciano con il genere?

Ascolto come base di una leadership relazionale

L’ascolto attivo è una competenza fondamentale per ogni leader efficace. È la capacità di accogliere idee, preoccupazioni e feedback, creando un ambiente in cui i collaboratori si sentano valorizzati.

Diversi studi suggeriscono che le donne sono particolarmente efficaci in questo ambito in virtù di una riconosciuta maggiore empatia, caratteristica considerata da alcuni come una qualità intrinseca.

Ricerche più recenti evidenziano, invece, che l’empatia non è una qualità innata ma può al contrario essere sviluppata. È lecito quindi dedurre che sia indipendente dal genere.

Ma culturalmente è alle donne che si tende a riconoscere una spiccata attitudine relazionale, e una naturale inclinazione all’ascolto e al supporto.

Sebbene queste qualità siano universalmente apprezzate, spesso finiscono con il creare un doppio standard: in alcuni contesti, l’ascolto è celebrato come un punto di forza, mentre in altri, soprattutto in situazioni che richiedono decisioni rapide e fermezza, può trasformarsi in un’etichetta penalizzante e le donne percepite come “troppo emotive” o “poco incisive”.

Una curiosa contraddizione, visto che la capacità di ascoltare si conferma una delle qualità più apprezzate nella leadership contemporanea: in un mondo sempre più attento al benessere e all’equilibrio emotivo dei collaboratori, l’ascolto attivo diventa una competenza imprescindibile. Un/a leader che sa accogliere idee, preoccupazioni e bisogni contribuisce non solo a costruire fiducia ma, anche, a generare un autentico senso di appartenenza, ingredienti essenziali per il successo organizzativo e collettivo.

Guida, tra decisionismo e visione condivisa

La guida è forse l’aspetto più immediatamente associato alla leadership. Storicamente, si è spesso identificata con caratteristiche quali l’assertività, l’autorità e il decisionismo, culturalmente associati al genere maschile. Questo spiega perché, in contesti gerarchici tradizionali, gli uomini siano stati percepiti come leader “naturali”.

Tuttavia, gli studi sulla leadership trasformazionale hanno evidenziato un modello diverso, che si concentra sull’ispirazione, la motivazione e il coinvolgimento del team.

Il genere femminile tende ad eccellere in questo approccio, che mette al centro la costruzione di relazioni e l’empowerment dei collaboratori.

La cosa un po’ paradossale è che, mentre lo stile trasformazionale è spesso associato a un aumento della performance e della soddisfazione del team, altrettanto non viene immediatamente riconosciuto come uno stile di “leadership” adeguato in ambienti dominati da modelli tradizionali.

Aggiungo che un altro fenomeno particolarmente significativo nel dibattito sulla leadership femminile è quello della cosiddetta “glass cliff” (scogliera di vetro) ossia la tendenza a nominare le donne in ruoli di leadership proprio nei momenti di maggiore crisi, quando il rischio di fallimento è particolarmente alto.

Tale dinamica sembra riflettere l’idea, spesso stereotipata, che le donne siano più adatte a “riparare” situazioni difficili grazie alla loro naturale inclinazione alla mediazione e all’ascolto. Una scelta che però le espone a pressioni straordinarie e a un rischio amplificato di insuccesso, finendo per alimentare ulteriormente gli stereotipi di genere e perpetuare l’idea che le donne non siano intrinsecamente adatte a ruoli di potere in condizioni normali.

Rispetto: un traguardo difficile

Pietra angolare della leadership efficace, costruito su basi solide come competenza, integrità e autenticità è il rispetto. Tuttavia, anche in questo caso in prima battuta, la strada per vederselo riconosciuto sembra non essere indipendente dal genere.

Mentre, infatti, agli uomini in ruoli di potere è spesso attribuita in automatico una presunta competenza, alle donne viene chiesto di dimostrare ripetutamente di possedere le qualità necessarie per essere rispettate, affrontando aspettative più rigide e giudizi più severi.

Gli stereotipi di genere continuano a complicare questo quadro.

Un leader maschio che adotta uno stile autoritario viene generalmente percepito come “forte” e “determinato”, mentre una donna che mostra lo stesso atteggiamento rischia di essere etichettata come “dura” o “antipatica”.

Parallelamente, le donne che esprimono empatia e calore, qualità associate tradizionalmente al genere femminile, possono essere viste come deboli o inadatte a prendere decisioni difficili. Queste percezioni non sono nuove: già gli studi di Eagly e Carli (2007) avevano evidenziato tali dinamiche, ma la loro persistenza nel panorama contemporaneo dimostra quanto siano radicati questi bias.

Ricerche più recenti, come il Women in the Workplace Report 2022 di McKinsey & Company, confermano che le donne eccellono nella costruzione di relazioni basate sul rispetto reciproco, grazie a una maggiore attenzione alle dinamiche interpersonali e alla creazione di un clima di fiducia. Ma ancora una volta, dove dominano modelli più tradizionali, queste qualità non vengono sempre riconosciute come essenziali per la leadership.

Leadership e genere: natura o cultura?

Le ricerche scientifiche nel campo della leadership indicano che non esistono differenze innate significative tra uomini e donne nelle capacità di guidare e ispirare un gruppo.

Le disparità che si osservano nella rappresentanza femminile in posizioni apicali sembrano derivare principalmente da norme culturali e stereotipi di genere profondamente radicati, che non solo limitano le opportunità offerte alle donne, ma modellano anche le aspettative su come un leader dovrebbe comportarsi.

In questo contesto, l’approccio che evidenzia la necessità di adattare lo stile di leadership alle esigenze specifiche del momento, dimostra che l’efficacia di un leader non risiede nel genere, ma nella capacità di integrare qualità essenziali come ascolto, guida e rispetto.

Il leader efficace è colui o colei che riesce a leggere il contesto, rispondere in modo appropriato e costruire relazioni solide e produttive, indipendentemente da stereotipi o pregiudizi legati al proprio genere.

In questo senso, la vera sfida non è determinare se le donne possano essere buone leader, ma creare contesti in cui il genere non sia più un fattore determinante nella valutazione della leadership.

In un mondo sempre più complesso, la diversità nei modelli di leadership non è solo un obiettivo etico, ma una necessità strategica.

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