Riforma Cartabia: cosa cambia nella mediazione telematica?
La prossima emanazione del decreto legislativo di riforma del processo civile (Cartabia) apporterà un profondo ripensamento della mediazione svolta per via telematica che ad oggi si regge sul precario impianto disegnato al momento dello scoppio della pandemia da COVID-19 dall’art. 83, comma 20-bis, d.l. 18 del 2020 e che naturalmente risente di tutte le problematiche legate alla situazione emergenziale.
I dubbi sulle modifiche del Decreto Cartabia
Con il provvedimento Cartabia sono stati così introdotti ad esempio poteri di autentica in favore dei difensori, pensando ovviamente a quelle parti (soprattutto private) che, prive della firma digitale, avevano come unica possibilità quella di stampare il verbale della procedura, firmarlo e nuovamente scansionarlo per l’invio al difensore.
È però evidente come una procedura del genere sia oltremodo farraginosa, visto che il verbale finale si trova ancor oggi ad essere più volte stampato e scannerizzato prima di poter essere, da ultimo, firmato digitalmente dagli avvocati difensori e dal meditatore; è inoltre evidente come in tal modo si generi un documento informatico poco in linea con le previsioni del codice dell’amministrazione digitale.
Decreto legislativo: cosa invece è stato migliorato
È pertanto un bene che il legislatore abbia deciso di intervenire e lo abbia fatto con una regolamentazione davvero innovativa, forse tra le più avanzate dell’intera riforma. Si prevede infatti l’introduzione di un nuovo articolo, il n. 8-bis, all’interno del decreto legislativo n. 82 del 2010 e si pone innanzitutto un principio fondamentale: quando la mediazione si svolge in modalità telematica, ciascun atto del procedimento deve essere formato e sottoscritto nel rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e può essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata o con altro servizio di recapito certificato qualificato.
Cosa succede per le mediazioni in remoto?
Quanto invece alle concrete modalità di svolgimento della mediazione, viene espressamente codificata la possibilità che gli incontri si svolgano con collegamento audiovisivo da remoto e si prevede che ciascuna parte potrà chiedere al responsabile dell’organismo di mediazione di partecipare da remoto o in presenza. I sistemi di collegamento audiovisivo utilizzati per gli incontri del procedimento di mediazione dovranno inoltre essere in grado di assicurare la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate.
Decreto Cartabia, verbale conclusivo: cosa è cambiato?
La parte certamente più innovativa dell’intero sistema è la soluzione individuata per la sottoscrizione del verbale conclusivo; si prevede infatti la formazione di un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo e l’invio dello stesso alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata.
Tale soluzione tecnologica non è per la verità un unicum nel nostro panorama normativo visto che trova un precedente molto prossimo nella disciplina sulla costituzione delle società da remoto introdotta nel nostro ordinamento dal decreto legislativo n. 183 del 2021, che ha attuato la direttiva europea n. 1151 del 2019 (e che regolamenta l’uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario). In tal caso il legislatore ha espressamente previsto che l’atto costitutivo di s.r.l. o s.r.l.s. aventi sede in Italia e con capitale versato mediante conferimenti in denaro, possa essere ricevuto dal notaio per atto pubblico informatico, con la partecipazione in videoconferenza delle parti richiedenti o di alcune di esse (art. 2 d. lgs. 183 del 2021).
Appare oltremodo interessante la soluzione tecnologica prescelta per la stipula degli atti in questione, ovvero una piattaforma che garantisca l’identificazione sicura delle parti, che consenta la visualizzazione dell’atto da sottoscrivere e che consenta il rilascio alle parti di un certificato di firma digitale.
Si ritiene che tale regolamentazione possa ben essere quella che reggerà anche la mediazione telematica, essendo infatti oggi possibile emettere certificati di firma digitale istantanea o “usa e getta”, con ciò intendendosi una tipologia di firma che utilizza un certificato valido per pochissimo tempo (da poche ore a qualche giorno) e valido per un singolo utilizzo. Questo tipo di soluzioni si basano oltretutto sull’architettura della firma digitale remota che, come noto, consente di portare a termine il processo mediante una “one time password” che il più delle volte è costituita da un codice alfanumerico recapitato su di uno smartphone.
Si tratta pertanto di tecnologia caratterizzata dalla semplicità d’uso e dalla economicità; il limitato orizzonte temporale di utilizzo della firma porta infatti con sé bassi costi di emissione della stessa.
Documenti informatici generati durante la mediazione
Occorre altresì aggiungere che finalmente il legislatore ha deciso di codificare un principio tanto ovvio quanto trascurato in molti ambiti e cioè che i documenti informatici generati durante la procedura di mediazione devono essere assoggettati a conservazione secondo le previsioni del codice dell’amministrazione digitale. Si tratta di previsione all’apparenza pleonastica ma in realtà fortemente pedagogica, per così dire, perché disegna un percorso obbligato e che finalmente non potrà essere ignorato da alcuno.
E nel caso specifico, oltretutto, la previsione è davvero opportuna visto che i documenti del procedimento di mediazione potrebbero contenere obbligazioni suscettibili di esecuzione forzata anche dopo molti anni ed in ogni caso si tratta di documenti che debbono essere assoggettati a conservazione permanente.
Certamente vi sarà tempo e modo di commentare in maniera più approfondita pregi e difetti della novella normativa, che entrerà in vigore nel mese di giugno del 2023; un primo giudizio non può però che essere positivo, soprattutto perché si tratta di una delle poche volte in cui il legislatore dimostra di pensare “in digitale” e di voler sfruttare le possibilità offerte dalle soluzioni tecnologiche offerte dal mercato.
Firma digitale e firma digitale avanzata: differenze
Anzi, nel caso di specie ci si sarebbe potuti spingere forse anche oltre e si sarebbe potuto ipotizzare di abbandonare la firma digitale per determinate categorie di atti, passando all’utilizzo della firma elettronica avanzata, la cui gestione è certamente meno farraginosa rispetto a quella digitale; tale opzione è stata però frustrata dai limiti d’uso previsti dall’ormai vetusto dpcm 22 febbraio 2013 (recante le regole tecniche per l’utilizzo delle firme elettroniche), che all’art. 60 prevede espressamente che la firma elettronica avanzata è utilizzabile limitatamente ai rapporti giuridici intercorrenti tra il sottoscrittore e il soggetto di cui all’art. 55, comma 2, lettera a), ovvero il soggetto erogatore della soluzione.
Vista la norma che precede, allo stato della normativa vigente, pertanto, non è possibile vincolare giuridicamente un soggetto diverso da quello di cui sopra, ovvero un terzo diverso dall’erogatore della soluzione come potrebbe essere la controparte nel procedimento di mediazione; ciò evidentemente preclude l’utilizzo della firma elettronica avanzata.