Il Processo Civile Telematico
Il processo civile telematico rappresenta la strada scelta dal sistema giudiziario italiano per l’informatizzazione del rito civile, una strada peraltro che non è stata percorsa appieno perché la scelta del digitale è stata fatta, in alcuni casi, solo in via opzionale.
Articolo 16-bis, comma 1, del Dl 179/2012
Il riferimento normativo è l’articolo 16-bis, comma 1, del Dl 179/2012 (a più riprese aggiornato), in base al quale “a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”
Ciò significa che vi è l’obbligo del deposito per via telematica dei soli atti successivi a quelli attraverso i quali una parte si costituisce nel processo:
- atto di citazione
- atto a comparsa di risposta
possono essere digitali, ma solo per scelta della parte
- memorie
- e atti successivi
devono invece essere obbligatoriamente depositati per via telematica; regime analogo vige per il processo in Corte d’Appello, dal 30 giugno 2015.
Aggiornamenti
Si attende invece l’avvio del processo civile telematico in Corte di Cassazione, mentre presso gli uffici del Giudice di Pace il passaggio al regime obbligatorio (peraltro temperato dalle opzioni facoltative sopra descritte) avverrà nell’ottobre 2021.
Per quanto riguarda il processo esecutivo, invece, dal 31 marzo 2015 è diventata obbligatoria l’iscrizione a ruolo dei procedimenti esecutivi mobiliari, immobiliari e presso terzi cosicché tale processo, unitamente a quello monitorio, è diventato esclusivamente digitale.
Le fonti del processo civile telematico sono state demandate in massima parte alla decretazione d’urgenza; si possono citare a tal fine:
- il decreto legge n. 193 del 29 dicembre 2009, convertito con modificazioni dalla L. 22 febbraio 2010, n. 24
- il decreto legge n. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221
La regolamentazione generale è invece contenuta nel Codice dell’Amministrazione Digitale, la cui espressa applicabilità anche al processo telematico è ora prevista dall’art. 2, comma 6, oltreché dal eIDAS, al quale il CAD rimanda, e in disposizioni del Codice di procedura Civile.
A completamento del quadro normativo ci sono altresì le regole tecniche, dettate con decreto ministeriale n. 44 del 2011, e le specifiche tecniche, adottate Provvedimento del Direttore DGSIA del 16 aprile 2014. Questi ultimi provvedimenti, recanti disposizioni di dettaglio, sono quelli che si occupano della parte maggiormente operativa del processo digitale, contenendo disposizioni relative ai formati documentali utilizzabili, alle modalità di predisposizione delle buste informatiche per il deposito, ivi inclusi gli schemi informatici per la corretta generazione e gestione dell’interno processo.
A completamento del percorso processuale digitale, inoltre, attraverso la riforma della legge n. 53 del 1994 è stata prevista la possibilità di effettuare le notificazioni a mezzo della posta elettronica certificata, mentre con l’art. 16 ter del decreto legislativo n. 179 del 2012 sono stati individuati i pubblici registri dai quali è possibile estrarre gli indirizzi di posta elettronica certificata ai quali indirizzare le notificazioni.
La struttura del processo civile telematico si basa sulla elaborazione di una busta telematica all’interno della quale confluiscono atto da depositare e documenti allegati; questa busta non è però un semplice file contenitore, come può essere un semplice zip o un rar, ma è qualcosa di molto più complesso, essendo il frutto di una elaborazione basata su schemi xsd dettati dal Ministero della Giustizia e finalizzati alla creazione di una busta con estensione .enc (encrypted).
L’operazione di creazione delle buste in questione viene svolta attraverso l’ausilio di un redattore atti, ovvero di un software realizzato da società private accreditate presso il Ministero (e soggette ai controlli dello stesso) che, rispettando i suddetti schemi ministeriali, elabora e predispone la busta telematica per il deposito, che avviene poi attraverso la posta elettronica certificata.
Il momento di perfezionamento del deposito coincide con il recapito della ricevuta di avvenuta consegna del messaggio così elaborato ed inviato; tutte le successive comunicazioni (esito dei controlli automatici effettuati dall’infrastruttura ministeriale, comunicazione di definitiva accettazione, noti anche come terza e quarta PEC) sono in realtà irrilevanti ai fini della tempestività del deposito. Ciò significa che laddove, come a volte accade, la lavorazione della busta telematica da parte della Cancelleria avvenga a distanza di parecchi giorni dal deposito, non si genera alcun effetto pregiudizievole di natura processuale; il deposito viene infatti acquisti con la data riportata nella ricevuta di consegna (nota come “seconda PEC”) e la tempestività dello stesso è fatta salva.
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Firma degli atti
Una componente fondamentale dell’architettura processuale è inoltre la firma degli atti, che viene apposta in forma digitale sulla base di due standard convalidati da atti di esecuzione emessi dalla Commissione Europea nel rispetto della normativa dettata dal citato regolamento eIDAS; gli standard in questione sono noti come CAdES (che danno origine a file con estensione .p7m) e PAdES (che danno origine a file nei quali non viene modificata l’estensione originaria, PDF). La firma digitale può essere apposta mediante l’utilizzo di token (smart-card o drive USB) o in modalità remota.
Naturalmente, il processo non è digitale solo per gli avvocati ma lo è anche per i magistrati, che hanno l’obbligo di emettere i decreti ingiuntivi per via telematica; tale regime di obbligatorietà non vige per le sentenze, anche se in realtà ormai la quasi totalità dei provvedimenti decisori sono digitali.
Formati dei documenti
A salvaguardia poi della leggibilità perpetua, in particolare degli atti depositati, è stata prevista l’adozione di un formato documentale diffusissimo, PDF, che costituisce uno standard ISO (ISO 32000 per la precisione). Una maggior libertà è stata prevista per la produzione dei documenti processuali, ma si tratta comunque di un numero ristretto di formati utilizzabili. Oltre al PDF è possibile utilizzare:
- txt;
- rtf;
- xml;
- gif;
- jpg;
- tiff;
- eml e msg, per i messaggi di posta elettronica.
Tali formati possono essere utilizzati anche nei formati compressi zip, rar, arj.
Certificazioni
L’implementazione del processo digitale si è poi accompagnata con il riconoscimento di nuovi poteri di certificazione in capo agli avvocati; con l’art. 16 bis, comma 9 bis, si è infatti riconosciuto un ampio potere di autenticazione relativo a tutti gli atti e i provvedimenti presenti nel fascicolo informatico o allegati alle comunicazioni di cancelleria trasmesse per via telematica. Per effetto di tali norme, che chiudono il cerchio della gestione digitale del processo, è possibile ad esempio estrarre copie autentiche dei provvedimenti emessi dal Giudice e provvedere alla notificazione per via telematica. Unica eccezione a tale facoltà è costituita dal rilascio delle copie esecutive, il cui potere è tuttora in capo al Cancelliere; ciò però non esclude la facoltà di provvedere alla scansione del provvedimento e alla successiva notificazione a mezzo PEC.
Risparmio di tempo e costi
Naturalmente, oltre che effettuare notificazioni a mezzo della posta elettronica certificata, l’avvocato le può anche ricevere con lo stesso mezzo; a tal fine l’art. 16 sexies del d.l. 179 del 2012 ha istituito l’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha comunicato al proprio Ordine come vero e proprio domicilio digitale, utilizzabile a tal fine.
In tal modo si è assicurata, come si accennava, la possibilità della gestione digitale di ogni aspetto processuale, con evidenti risparmi di spesa per il cittadino (non essendo più previsto il pagamento di diritti per il rilascio di copie autentiche) e di celerità di gestione, non essendo più necessari plurimi accessi alle cancellerie per ottenere copia dei provvedimenti emessi dall’Ufficio giudicante.