Nuovi modelli di Conservazione Digitale: quale ruolo per la firma elettronica?
In un mondo ormai diretto verso la digitalizzazione, nel quale le imprese producono documentazione sempre più in modalità “nativamente” informatica, nasce l’esigenza di garantire la riconoscibilità del documento, sia per quanto riguarda chi lo ha prodotto (autenticità), sia per quanto attiene alla tutela del suo contenuto (integrità). Un ruolo di primo piano, in questa prospettiva, può essere ricoperto dalla firma digitale.
Il ruolo della firma digitale
La firma digitale è un particolare tipo di firma elettronica qualificata basata su un su un sistema di chiavi crittografiche, – una pubblica e una privata – correlate tra loro, che consente al titolare di esplicitare e/o verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici.
L’esempio che qui ci interessa, relativo all’utilizzo della firma digitale, è quello normato dal terzo comma dell’articolo 2215bis del Codice Civile, secondo il quale “gli obblighi di numerazione progressiva e di vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture, sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta all’anno, della marcatura temporale e della firma elettronica qualificata dell’imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato”.
L’opponibilità a terzi dei documenti firmati
In questo contesto particolare, l’efficacia probatoria ex lege, già riconosciuta alle scritture contabili cartacee preventivamente soggette a bollatura e vidimazione annuale – e che nel tempo è venuta meno stante la deregolamentazione susseguitasi negli anni – viene ora restituita da questo articolo, che al comma 5 recita: “i libri, i repertori e le scritture tenuti con strumenti informatici, secondo quanto previsto dal presente articolo, hanno l’efficacia probatoria di cui agli articoli 2709 e 2710 del Codice civile”. Così facendo, i libri bollati e vidimati nelle forme di legge tornano a fare piena prova verso gli imprenditori oppure tra di essi, per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa. In caso contrario, non avrebbero, infatti, né l’efficacia probatoria né l’autenticità ex lege, e sarebbe onere dell’imprenditore dimostrare in giudizio il valore delle predette scritture contabili di fronte ai terzi.
Naturalmente, l’archiviazione di lungo periodo della documentazione informatica è garantita attraverso la successiva fase di conservazione digitale a norma, grazie alla quale vengono garantite le necessarie caratteristiche di autenticità e integrità nonché di affidabilità, leggibilità e reperibilità. In questo contesto pare opportuno ricordare che nella fase di chiusura del “pacchetto di archiviazione” è possibile apporre, oltre alla firma digitale, anche la più semplice firma elettronica avanzata. L’art. 26 del Regolamento Europeo eIDAS la definisce come “una firma elettronica che: è connessa unicamente al firmatario; è idonea a identificare il firmatario; è creata mediante dati per la creazione di una firma elettronica che il firmatario può, con un elevato livello di sicurezza, utilizzare sotto il proprio esclusivo controllo; è collegata ai dati sottoscritti in modo da consentire l’identificazione di ogni successiva modifica di tali dati.” Questo particolare tipo di firma non necessità di una dipendenza fisica dall’hardware utilizzato per la sottoscrizione digitale.
Un altro esempio di utilizzo della firma digitale, sempre con riguardo ai requisiti di autenticità e integrità, è richiamato dalla normativa regolatoria della conservazione dei documenti informatici ai fini fiscali (D. MEF. 17 giugno 2014). Tale decreto, all’articolo 3, richiama la fase di conservazione digitale così come prevista dall’articolo 2215bis cc. Il successivo articolo 4, invece, disciplina la fase di creazione dei documenti informatici partendo dagli originali cartacei; la successiva distruzione degli stessi sarà possibile unicamente dopo l’apposizione della firma digitale e della conseguente conservazione a norma.
In sintesi
Fatture elettroniche, ordini elettronici, documenti di trasporto digitali, libri e registri contabili informatici sono solo alcuni esempi di come una corretta gestione della “conservazione informatica” – oltre a rendere più efficienti ed efficaci i relativi processi amministrativo-contabili e a ridurre i costi attraverso l’eliminazione della carta – consente di garantire esattamente quell’autenticità e quell’integrità necessarie per “storicizzare nel tempo” i diritti e i doveri regolatori della vita dell’impresa.