Decreto Trasparenza: implicazioni e nuove normative per i contratti di lavoro
Il panorama delle informazioni da comunicare al momento della instaurazione dei rapporti di lavoro sta subendo importanti cambiamenti con l’entrata in vigore del c.d. Decreto Trasparenza. Un iter, tra l’altro, in continuo divenire, come attesta l’articolo 26 del c.d. Decreto Lavoro pubblicato il 4 maggio 2023, di cui parleremo più approfonditamente nei prossimi paragrafi.
Inizialmente è molto importante comprendere invece cos’è il Decreto Trasparenza e quali sono le principali caratteristiche. Questo decreto, infatti, introduce nuove regole e obblighi per i datori di lavoro, ponendo un’enfasi significativa sulla trasparenza nei contratti di lavoro.
Decreto Trasparenza: cos’è
La trasparenza nei contratti di lavoro è diventata un tema centrale nella legislazione del lavoro. Il Decreto Trasparenza, nato con l’approvazione di uno schema di decreto legislativo nel CdM del 31 marzo 2022, mira a promuovere maggiore chiarezza e comprensibilità nei contratti di lavoro, garantendo una maggiore equità nelle relazioni tra datori di lavoro e dipendenti.
Nel dettaglio, il Decreto Trasparenza per i contratti di lavoro è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale nella data del 29 luglio 2022, con entrata in vigore il successivo 13 agosto, attuando la direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio.
La Direttiva 2019/1152 stabilisce a livello dell’Unione quali sono le informazioni minime relative agli elementi essenziali del rapporto di lavoro e alle condizioni applicabili a ciascun lavoratore, al fine di garantire un livello adeguato di trasparenza e prevedibilità.
La trasparenza nei contratti di lavoro: perché è importante?
L’obiettivo principale del Decreto Trasparenza è quello di garantire la massima tutela del lavoratore in merito alla trasparenza sulle informazioni relative al contratto e alle condizioni di lavoro. Per questo motivo, tra gli obblighi dei datori di lavoro, c’è quello di fornire al neoassunto un’informativa completa, in grado di illustrare i termini del contratto.
Questo passaggio si è reso necessario vista la cattiva abitudine di rimandare, spesso, l’informativa a una normativa esterna. La scelta di obbligare il datore di lavoro a fornire una più ampia informativa al momento dell’assunzione è quindi determinante per garantire ai lavoratori maggiori tutele.
In ogni caso, la promozione della trasparenza nei contratti di lavoro porta con sé vantaggi biunivoci, che possono incidere positivamente su tutte le parti coinvolte. Per i dipendenti significa una maggiore consapevolezza dei propri diritti e delle proprie condizioni di lavoro, riducendo il rischio di controversie. I datori di lavoro, dal canto loro, possono beneficiare di una maggiore fiducia da parte dei lavoratori e, a catena, di un migliore clima lavorativo; condizioni che, come risaputo, possono condurre a una maggiore produttività e stabilità aziendale.
Cosa prevede il Decreto Trasparenza
Le aree principali del Decreto Trasparenza sono tre e si concentrano, come detto, sulla trasparenza della comunicazione, sulle caratteristiche dell’informativa che deve essere consegnata ai lavoratori e sulle sanzioni. Ecco nel dettaglio tutto quello da sapere sulle nuove regole sulla trasparenza del contratto di lavoro:
1. Trasparenza delle comunicazioni:
Il Decreto Trasparenza impone ai datori di lavoro l’obbligo di fornire ai dipendenti una serie di comunicazioni scritte relative ai loro contratti di lavoro, senza possibilità di rimandare a documentazioni contrattuali esterne e generiche (quest’ultima previsione, dapprima calmierata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, è stata successivamente, come a breve si ricorderà, semplificata dal c.d. Decreto Lavoro). C’è di più: l’obbligo è destinato a tutti i tipi di rapporto subordinato e parasubordinato, comprensivo anche dei rapporti di lavoro occasionali (esplicati nell’art. 54-bis del DL 50/2017) e dei rapporti di lavoro autonomo continuativo.
2. Caratteristiche dell’informativa
Il Decreto richiede ai datori di lavoro, in particolare, di evidenziare in modo chiaro ed esaustivo le informazioni seguenti:
- inquadramento lavorativo;
- modalità di pagamento, periodo e importo iniziale della retribuzione/compenso;
- indicazione precisa degli orari di lavoro;
- enti e istituti a cui sono destinati i contributi previdenziali/assicurativi;
- indicazioni sulle ferie e sui congedi retribuiti (e non retribuiti);
- il contratto collettivo, anche aziendale, applicato, indicando le parti che lo hanno firmato;
- in caso di contratti di rete, evidenza di eventuali co-datori di lavoro;
- condizioni e regolazione dell’eventuale lavoro straordinario;
- indicazioni sulla presenza di eventuali sistemi di monitoraggio automatizzato del lavoro, del loro funzionamento e dei parametri analizzati.
3. Prescrizioni minime e sanzioni per la non conformità
Nel Decreto Trasparenza vengono evidenziate anche le prescrizioni minime, confermando la più importante (già sancita dall’art 2096 del Codice civile): il periodo di prova può durare al massimo 6 mesi, per non incidere negativamente sulla sicurezza psicologica del lavoratore.
Il decreto prevede inoltre sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano gli obblighi di trasparenza, con un tetto massimo di 1.500 euro per ogni lavoro interessato.
Ultimi aggiornamenti: il dubbio apportato dal Decreto Lavoro
Come accennato, ci sono importanti aggiornamenti in merito alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del c.d. Decreto Lavoro (4 maggio 2023).
Innanzitutto, il Decreto apre alla possibilità di poter comunicare al lavoratore alcune delle informazioni richieste, indicando il riferimento normativo o il contratto collettivo, anche aziendale, che li disciplina.
Inoltre, il Decreto ha introdotto due punti di discordia.
Nel dettaglio, il secondo comma dell’articolo 26 recita nella sua parte iniziale: “Il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto a informare il lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio integralmente automatizzati e deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro […]”.
A far dubitare, in questo caso, è l’avverbio “integralmente” che, secondo alcuni esperti, potrebbe limitare di molto le novità apportate dal Decreto Trasparenza.
Il secondo elemento da considerare è rappresentato dall’ulteriore previsione del secondo comma dello stesso articolo 26, che recita “Gli obblighi informativi non si applicano ai sistemi protetti da segreto industriale e commerciale”. Senza dubbio un punto controverso, visto che la quasi totalità delle piattaforme sono implementate su algoritmi protetti dal segreto industriale e commerciale.
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