Le locazioni di immobili destinati ad attività alberghiera
La Legge 27 luglio 1978 n. 392, agli articoli 27 e seguenti, disciplina la locazione di immobili urbani adibiti ad un uso diverso da quello abitativo. In particolare tali disposizioni normative disciplinano:
- la durata;
- il rinnovo;
- il rilascio dell’immobile;
- l’indennità per la perdita di avviamento;
- la sublocazione;
- la successione nel contratto;
- il diritto di prelazione;
- il diritto di riscatto.
Nel concetto di immobili ad uso diverso da quello abitativo rientra anche il contratto di locazione di immobili da destinarsi all’esercizio di attività alberghiera; ciò che si nota è, rispetto alle altre locazioni commerciali, il riferimento puntuale alla destinazione dell’immobile concesso in locazione, ossia l’esercizio da parte del conduttore dell’attività alberghiera.
Un primo elemento che emerge dalla lettura della L. n. 392/1978 è il contenuto dell’articolo 79, secondo cui “è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge“.
In altri termini l’articolo 79 prevede che, qualora le parti contrattuali deroghino alle previsioni della L. n. 392/178, il conduttore potrà contestare la validità dette disposizioni contrattuali, pretendendo l’applicazione delle norme di legge.
Con riferimento a tale disposizione normativa, si ricorda che il D.L. n. 133/2014 (c.d. Decreto Sblocca Italia), ha introdotto, con l’ art. 18 – rubricato Liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo -, un nuovo comma al citato articolo 79, prevedendo la possibilità, per i soggetti che procedano alla sottoscrizione di contratti di locazione finalizzati ad un uso diverso dall’abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, di derogare ai limiti temporali e alle altre condizioni previste dalla L. n. 392/1978, a condizione che l’ammontare del canone annuo pattuito sia superiore a 250 mila euro e non si tratti di locali dichiarati di interesse storico secondo provvedimenti emanati dalle Amministrazioni regionali o comunali. In particolare, il citato articolo 18 D.L. n. 133/2014 prevede che “In deroga alle disposizioni del primo comma, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 250.000, e che non siano riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale, è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere approvati per iscritto“. In sostanza, la sopra riportata disposizione normativa impone la forma scritta per i contratti sottoscritti a partire dal 12 novembre 2014 e non a quelli già in corso a tale data.
Per quanto riguarda la durata della locazione di immobili destinati a strutture alberghiere, si ricorda che il D.Lgs. n. 23/2011 ha apportato delle modifiche all’articolo 27 L. n. 392/978, prevedendo che nel caso di immobili urbani, anche se ammobiliati, adibiti ad attività alberghiere (nonché all’esercizio di imprese assimilate ex articolo 1786 del codice civile), la durata del vincolo non possa essere inferiore a nove anni, rinnovabile per lo stesso periodo se non viene comunicata disdetta da una delle parti almeno 18 mesi prima della scadenza.
La stessa disposizione normativa – con riferimento all’articolo 27 – prevede un criterio diverso, in merito alla durata della locazione, nel caso di immobili destinati all’esercizio di un’attività turistica non di natura alberghiera, ossia aventi ad oggetto sedi di agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno, organismi di promozione turistica e di informazione turistica (per il corretto inquadramento si rinvia alle diverse normative regionali). In tali casi, infatti, la durata non può essere inferiore a sei anni, rinnovabile per lo stesso periodo se non viene data disdetta da una delle parti almeno un anno prima della scadenza.
Ciò che emerge da questa analisi è:
- la specificità di regolamentazione delle locazioni di strutture alberghiere;
- un’equiparazione delle locazioni di interesse turistico con le locazioni ad uso industriale, commerciale, artigianale.
Come evidenziato nei precedenti paragrafi, è la L. n. 392/1978 a regolamentate i contratti di locazione di immobili destinati all’esercizio di un’attività alberghiera, la quale disciplina, all’articolo 27 e seguenti, anche il caso di cessazione del rapporto locativo per volontà di una delle parti contrattuali, quali:
- il locatore;
- il conduttore.
A tal proposito, si ricorda che in caso di cessazione del rapporto derivante da volontà del locatore, quest’ultimo dovrà corrispondere al conduttore un’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale che, nel caso delle locazioni alberghiere, è pari a ventuno mensilità dell’ultimo canone corrisposto, mentre per le locazioni di interesse turistico, l’importo è di diciotto mensilità, rapportate all’ultimo canone pagato. Il citato articolo 29, infatti, stabilisce che alla prima scadenza contrattuale (di nove o sei anni a seconda che si tratti di locazione alberghiera o di interesse turistico) il rapporto si rinnova automaticamente, sempreché non intervenga diniego da parte del locatore, ma soltanto per i motivi di cui all’ articolo 29 e con le modalità e i termini ivi previsti.
Per le locazioni di immobili adibiti all’esercizio di albergo, pensione o locanda, infatti, secondo quanto stabilito dall’articolo 29 L. n. 392/1978, il locatore può negare la rinnovazione del contratto:
- nelle ipotesi previste dall’articolo 7 Legge 191/1963, qualora l’immobile sia oggetto di intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti. Nei casi suddetti il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l’azione di rilascio
- se intende esercitare personalmente nell’immobile o farvi esercitare dal coniuge o da parenti entro il secondo grado in linea retta la medesima attività del conduttore, osservate le disposizioni di cui all’articolo 5 Legge 191/1963.
In merito al recesso da parte del conduttore, si fa presente che il recesso può essere di due tipi:
- il recesso legale, di cui al comma 8 dell’articolo 27 L. n. 392/1978;
- e il recesso convenzionale, di cui al comma 7 dell’articolo 27 L. n. 392/1978.
Il c.d. recesso legale può avvenire:
La facoltà di recedere riconosciuta al conduttore può atteggiarsi duplicemente.
- in qualsiasi momento,
- previo preavviso di 6 mesi (il canone di locazione deve essere versato per tutto il semestre di preavviso, benché l’immobile venga rilasciato prima dal conduttore),
- per gravi motivi.
A tal proposito, infatti, si ricorda che per gravi motivi si intendono fatti estranei alla volontà del conduttore, sopravvenuti alla conclusione del contratto e tali da impedirne la prosecuzione; ad esempio, la crisi finanziaria del conduttore, tale da non consentirgli di mantenere la locazione (si veda la sentenza della Corte di Cassazione n. 5803/2019). I motivi devono essere tali da rendere più gravosa, per il conduttore, la prosecuzione del contratto e la gravosità deve avere una connotazione oggettiva, che non si risolve in una valutazione unilaterale del conduttore sulla convenienza o meno di mantenere il rapporto. Pertanto, non costituisce grave motivo una ragione di convenienza economica, come aver trovato un immobile con un canone inferiore.
Il recesso convenzionale, di cui al comma 7 dell’articolo 27 L. n. 392/178, si intende quel recesso inserito contrattualmente dalle parti in un’apposita clausola contrattuale che consente il recesso a prescindere dai gravi motivi (necessari nel recesso legale) ovvero che subordini il recesso ad altri motivi. In ogni caso, il conduttore può recedere:
- in qualsiasi momento,
- previo preavviso di 6 mesi (il canone di locazione deve essere versato per tutto il semestre di preavviso, benché l’immobile venga rilasciato prima dal conduttore).
In caso di recesso del conduttore, non è dovuta l’indennità di avviamento.
Nel caso in cui l’attività esercitata nell’immobile abbia natura transitoria, le parti contrattuali possono stabilire un termine di durata più breve; nell’ipotesi quindi di locazione stagionale, il locatore è obbligato a locare l’immobile, per la medesima stagione dell’anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto.