Invoice Trading: volumi in crescita, ma le imprese conoscono poco gli strumenti per sostenere la propria liquidità
Garantire la giusta liquidità alla propria impresa è una sfida. Soprattutto in questo periodo turbolento, caratterizzato dal rallentamento dell’economia, da un’inflazione che così alta non si vedeva dalla prima metà degli anni Ottanta e dal rialzo dei tassi d’interesse, continuamente ritoccati dalla Banca Centrale Europea.
In questo difficile quadro, un settore che cresce perché a servizio delle imprese italiane è quello del Supply Chain Finance, composto da tutte quelle soluzioni di accesso alla liquidità che possono essere attivate dalle imprese e che non prevedono il classico prestito in banca per anticipare i costi e pagare i fornitori. Parliamo di strumenti come il Factoring, cioè la cessione di crediti commerciali a operatori specializzati, o il Reverse Factoring, che consiste in una partnership per favorire la cessione delle fatture ai fornitori, sfruttando il merito creditizio del cliente. Parliamo ancoradell’Anticipo Fatture o dell’utilizzo di carte di credito B2B, ovvero delle carte virtuali che permettono flessibilità nei pagamenti tra cliente e il fornitore. Infine, troviamo l’Invoice Trading, il marketplace per la cessione del credito, che consente a terze parti di investire nelle fatture emesse dalle aziende.
Tutti questi strumenti di finanziamento possono essere attivati e combinati in vario modo dalle aziende, a seconda di opportunità e dimensioni, arrivando a valere 509 miliardi di euro nel 2021. Un valore dato in crescita fino a un massimo di 585 miliardi per il 2022, secondo le ultime stime degli esperti dell’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano.
Proprio per meglio capire quali sono gli ostacoli da rimuovere e le prospettive di crescita intorno all’Invoice Trading in Italia, abbiamo intervistato Alessio Ronchini, research assistant della School of Management del Politecnico di Milano.
Secondo il vostro ultimo osservatorio Supply Chain Finance, l’Invoice Trading ha un outlook di crescita del 90% per il 2022, attestandosi a circa 400 milioni. Si tratta di un possibile apprezzamento molto significativo. Può dirci qualcosa di più su questa previsione?
“L’apprezzamento è dovuto in primis al maggiore utilizzo complessivo delle soluzioni di Supply Chain Finance”, spiega Alessio Ronchini. –“Non a caso crescono tutte le soluzioni che servono il mercato potenziale. L’Invoice Trading è stata apprezzata come soluzione in quanto snella e nei momenti di necessità di liquidità è utile nel soddisfare velocemente questi bisogni”.
Quali sono a suo avviso gli ostacoli principali per una più ampia adozione dell’Invoice Trading da parte delle PMI italiane? Secondo l’ultimo report di Assifact, infatti, sembrano essere principalmente le piccole imprese quelle che non utilizzano affatto lo strumento.
“Ci sono due ragioni principali per il non utilizzo delle soluzioni di Supply Chain Finance e, nello specifico, dell’Invoice Trading. La prima ragione è di natura culturale: le PMI spesso non conoscono le soluzioni di Supply Chain Finance o, se le conoscono, preferiscono utilizzare le soluzioni tradizionali, ovvero Factoring e Anticipo Fattura. In secondo luogo, molte piccole e medie imprese sono fornitori di grandi imprese, le quali obbligano i propri fornitori al vincolo di non cessione del credito, di fatto bloccando l’anticipo o il finanziamento di una quota parte del mercato potenziale del Supply Chain Finance”.
“Una maggiore trasparenza a livello di adozione delle soluzioni di Supply Chain Finance da parte delle imprese aiuterebbe a capire a che punto siamo con lo stato di maturità in Italia – conclude il ricercatore Alessio Ronchini – mostrando dunque in maniera chiara su cosa si dovrebbe lavorare per aumentare la copertura totale e attraverso quali soluzioni”.