Falso in attestazioni e relazioni nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza

23.01.2025 - Tempo di lettura: 8'
Falso in attestazioni e relazioni nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza

La normativa del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza attribuisce un ruolo chiave ai professionisti che supportano le imprese in difficoltà. Un focus sul falso in attestazioni e relazioni e sui reati e le sanzioni previste dalle disposizioni

La riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza ha reso nuovamente centrale il ruolo dei professionisti a supporto delle aziende in difficoltà.

La normativa ha riaffermato l’importanza delle attestazioni rese da tali professionisti, intervenendo con severe sanzioni in caso di non veridicità.

La normativa interviene in materia di reato di falso in attestazioni e relazioni, sia nei casi di informazioni non veritiere che in quelli di omissione di informazioni rilevanti per la corretta valutazione dei piani.

A supporto dell’operato dei professionisti il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha pubblicato il documento “Principi di attestazione dei piani di risanamento” che ha, tra gli altri, l’obiettivo di fornire modelli operativi e standard di relazione o di attestazione per i professionisti indipendenti.

Crisi d’impresa: lo strumento a supporto dei professionisti

La riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza, introdotta dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, ha riaffermato l’importanza del ruolo dei professionisti nel risanamento delle imprese in difficoltà.

La normativa ha posto l’accento sulla veridicità delle attestazioni fornite dai professionisti. Nello specifico sono state introdotte sanzioni severe per le false dichiarazioni.

Il Titolo IX del Codice della crisi si occupa delle sanzioni penali, a tutela del bene giuridico della “veridicità” di attestazioni e relazioni rese dal professionista.

Di particolare importanza per la valutazione dell’operato dei professionisti sono gli articoli 342 e 344, commi 3 e 4 del Codice, che traggono ispirazione dalla struttura del “falso ideologico” previsto dal Codice penale, che implica la condotta di dire il falso o anche omettere il vero.

Per facilitare il lavoro dei professionisti impegnati a supportare le imprese in difficoltà il CNDCEC ha pubblicato il documento “Principi di attestazione dei piani di risanamento”, che prende in esame i reati ascrivibili agli stessi professionisti indipendenti e ai componenti degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento per false attestazioni o relazioni.

Un approfondimento all’interno del documento è dedicato anche alla portata applicativa dell’art. 344, commi 3 e 4 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza alla luce dell’equiparazione delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento e alla liquidazione controllata del sovraindebitamento.

Codice della crisi d’impresa: un focus sui reati di falso in attestazioni e relazioni (art. 342)

Tra i reati oggetto dell’approfondimento del CNDCEC, previsti dal Codice della crisi d’impresa, ci sono quelli che rientrano nell’art. 342.

Tali reati si basano su due condotte principali: la fornitura di informazioni false e l’omissione di informazioni rilevanti. La normativa è particolarmente severa sulle condotte in questione, nell’ottica di garantire trasparenza e accuratezza delle informazioni fornite nell’ambito delle procedure di crisi aziendale.

All’interno di tali procedure il professionista svolge un ruolo fondamentale perché la sua valutazione incide in modo diretto sulle decisioni dei creditori e delle autorità giudiziarie.

In tale ambito l’art. 342 si riferisce alle condotte secondo la struttura del “falso ideologico” del Codice penale, ponendo l’accento sulla necessità di fornire informazioni veritiere per proteggere gli interessi di tutte le parti coinvolte.

L’art. 342 è rubricato come “Falso in attestazioni e relazioni” e stabilisce che il professionista che fornisce informazioni false o omette dettagli rilevanti è punito con la reclusione da due a cinque anni e una multa da 50.000 a 100.000 euro. Se il fatto è commesso per conseguire un ingiusto profitto per sé e per altri la pena è aumentata.

Se tali azioni causano un danno ai creditori la pena è aumentata fino alla metà.

Le attestazioni che sono oggetto di falsità sono quelle rese dal professionista in ordine:

  • alla veridicità dei dati aziendali e alla fattibilità del piano di risanamento;
  • alla veridicità dei dati aziendali e alla fattibilità del piano di concordato preventivo;
  • in relazione alla veridicità dei dati aziendali e all’attuabilità dell’accordo di ristrutturazione, con particolare riferimento ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei;
  • al giudizio espresso per accedere ai finanziamenti per l’impresa;
  • alla pregressa disciplina dell’accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e in particolar modo all’attestazione rilasciata per la stipula di una convenzione di moratoria sull’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra creditori interessati alla moratoria stessa;
  • alla circostanza che la prosecuzione dell’attività di impresa, in caso di piano di concordato in continuità, sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

Il reato riguarda quindi il piano o i documenti ad esso collegati. Le condotte che rientrano nel reato dell’articolo 342 si concretizzano:

  • nell’esposizione di informazioni false;
  • nell’omissione di informazioni rilevanti in ordine alla veridicità dei dati, riferita al complesso delle informazioni in riferimento ai quali è costruito il piano, nei contenuti del piano o nei documenti allegati.

Deve in ogni caso essere verificato se l’informazione è falsa solo sul dato finale o poiché deriva da una falsa applicazione di una delle informazioni di base.

La condotta del professionista deve essere valutata in base alla compiutezza della base informativa che rappresenta il fondamento del giudizio sulla fattibilità e sulla correttezza dei metodi e dei criteri di valutazione per esprimere il giudizio “da effettuare in relazione ai principi della tecnica professionale comunemente riconosciuti e accettati secondo le regole dell’arte”.

Il reato può essere:

  • “proprio”, quanto è commesso dal professionista in possesso dei requisiti di indipendenza, che abbia accettato l’incarico;
  • doloso, ovvero frutto di una condotta cosciente e consapevole e dalla volontà di commettere l’azione.

In questo senso l’errore può essere scusabile ma non è escluso nel caso in cui sia grossolano o riconoscibile.

Codice della crisi d’impresa: un focus sui reati dell’art. 344

Un ulteriore articolo su cui si concentra il documento di approfondimento per i commercialisti è l’art. 344 del Codice della crisi d’impresa, rubricato come “Sanzioni per il debitore e per i componenti dell’organismo di composizione della crisi”.

Tale articolo si concentra sui reati commessi dai debitori, anche incapienti, e dai componenti degli organismi di composizione della crisi.

Nello specifico sono interessate le condotte che riguardano azioni compiute nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, disciplinate ai commi 3 e 4 dell’articolo 344.

Il terzo comma riguarda la condotta attiva, ovvero il “falso ideologico”, in relazione alla veridicità dei dati contenuti della proposta e ad atti elencati tassativamente.

Nello specifico le false attestazioni sanzionate riguardano:

  • contenuti nella proposta di cui agli artt. 67 e 75 del Codice della crisi e oggetto della relazione che il componente dell’organismo di composizione redige;
  • contenuti nella vera e propria attestazione autonoma resa dall’organismo di composizione nel caso in cui la domanda di liquidazione controllata sia stata proposta da un creditore del debitore sovraindebitato persona fisica, nella quale l’OCC certifica che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie;
  • contenuti nella relazione allegata alla domanda di accesso alla liquidazione controllata ex art. 269 comma 2 del Codice della crisi;
  • contenuti nella relazione particolareggiata di cui all’art. 283, comma 4, qualora il debitore incapiente proponga domanda di esdebitazione.

Questi individui sono soggetti a sanzioni per il rilascio di attestazioni false o per l’omissione di atti dovuti. Le pene per tali reati variano da uno a tre anni di reclusione e multe da 1.000 a 50.000 euro.

Il quarto comma disciplina l’ipotesi di reato commesso dal componente dell’organismo di composizione della crisi, a seguito di omissione o di rifiuto, senza giustificato motivo, di atti del proprio ufficio, con danno ai creditori.

In questa ipotesi non rientrano tutte le omissioni o i rifiuti di ufficio della componente dell’OCC ma solo quelle da cui deriva, appunto, un danno ai creditori che non sia sorretto da un giustificato motivo.

Per i reati che rientrano nel comma 4 dell’articolo 344 le pene variano da sei mesi a due anni di reclusione e multe da 1.000 a 50.000 euro.

Dall’analisi delle fattispecie di reato si evince che la riforma del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza ha rafforzato le disposizioni penali per garantire l’integrità delle attestazioni e delle relazioni dei professionisti.

La normativa in questione pone l’accento sull’importanza della trasparenza e della veridicità delle informazioni per proteggere gli interessi dei creditori e favorire il risanamento delle imprese in difficoltà.

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