Immobilizzazioni immateriali: le nuove indicazioni dell’OIC
Parlare di immobilizzazioni immateriali significa fare riferimento a costi la cui utilità non si esaurisce in un unico periodo ma si stende lungo più esercizi, e che si caratterizzano per la mancanza di tangibilità. Negli ultimi anni, il D.Lgs. 139/2015 ha apportato alcune importanti modifiche in materia. L’ultimo OIC 24 presentato dall’Organismo Italiano di Contabilità ha fatto chiarezza in merito.
Le immobilizzazioni immateriali: principali modifiche dell’OIC 24
È l’art. 2424 del Codice Civile a classificare queste voci di spesa, includendo al loro interno:
- costi di impianto ed ampliamento
- costi di ricerca, sviluppo e pubblicità
- diritti di brevetto industriale (e di utilizzazione delle opere dell’ingegno)
- le concessioni, le licenze e i marchi (e altri diritti simili)
- l’avviamento
- le immobilizzazioni in corso e gli acconti
I settori all’interno dei quali la presenza di beni immateriali è più evidente sono quello IT (in virtù delle componenti hardware) e il settore automobilistico, soprattutto a livello di brevetti.
L’OIC 24 si è posto come obiettivo la disciplina dei criteri di rilevazione, classificazione e valutazione in tema di immobilizzazioni immateriali (così come stabilito dal D.Lgs. 139/2015, nato, a sua volta, per attuare quanto disposto dalla direttiva n. 2013/34/UE). Inoltre, fornisce indicazioni sulle informazioni da riportare all’interno della nota integrativa di bilancio.
Le novità più importanti sono:
- l’eliminazione dalla voce BI2 dello Stato Patrimoniale
- l’eliminazione del riferimento ai costi di ricerca e pubblicità
- le modifiche aventi per oggetto la norma sulla determinazione della vita utile dei costi di sviluppo e dell’avviamento
Rispetto alla precedente versione, le disposizioni che hanno per oggetto la rilevazione di diritti di brevetto, opere dell’ingegno, licenze, marchi e concessioni, oltre ad altre immobilizzazioni immateriali, sono trasferite all’interno dell’Appendice A, che ha ora assunto natura dispositiva.
Costi di sviluppo e di ricerca
Le aziende hanno la possibilità di capitalizzare i costi di sviluppo solo quando questi ultimi sono riferibili ad un processo “chiaramente” definito, identificabile e misurabile. Gli stessi costi devono fare riferimento ad un progetto che possa essere portato a termine dal punto di vista tecnico. Inoltre, i ricavi futuri derivanti dallo stesso processo devono poter coprire i costi sostenuti nella fase dello sviluppo.
Per quello che concerne i costi di ricerca, anche in questo caso è necessario fare una distinzione.
Se si tratta di “Ricerca di base”, ossia di attività condotte normalmente all’interno dell’azienda, e aventi un’utilità generica, è obbligatorio spesarle nell’esercizio. Possono essere capitalizzate all’interno dei Costi di Sviluppo, invece, se fanno riferimento all’applicazione dei risultati della stessa ricerca di base.
Le principali novità relative ai costi del personale
Per quanto riguarda i costi relativi all’addestramento e alla qualificazione del personale, ossia quei costi che portano ad una modifica notevole della struttura produttiva, oltre che commerciale ed amministrativa, si è deciso di assimilarli ai costi di periodo. Per tale motivo, devono essere iscritti nel conto economico dell’esercizio in cui vengono sostenuti.
La capitalizzazione è possibile solo quando i costi per il personale sono assimilabili ai costi di “start-up”. È stato confermato come i costi di riduzione straordinaria aventi per oggetto il personale siano spesati in quanto non in grado di rispettare tali requisiti.
Rientra tra le immobilizzazioni immateriali anche il costo pagato inizialmente per brevetti, marchi, licenze, concessioni e diritti di sfruttamento di opere, ma solamente nel caso in cui il pagamento del corrispettivo iniziale sia seguito da pagamenti aggiuntivi di importo commisurato ai volumi di produzione e alle vendite.