Fattura elettronica PA e split payment
Lo split payment (introdotto dalla Legge di stabilità 2015 nel D.P.R. 633/1972 con l’art. 17-ter) è quel meccanismo in virtù del quale per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli enti pubblici, l’IVA addebitata dal fornitore nelle corrispondenti fatture deve essere versata dall’ente cessionario o committente direttamente all’Erario (amministrazione finanziaria dello Stato).
Il motivo dell’introduzione dello split payment è stato quello di cercare di contrastare fenomeni di frodi IVA – un classico esempio è quello del mancato versamento di quanto dovuto a seguito della liquidazione periodica.
Per poter concretizzare il meccanismo dello split payment è necessario che il cedente o prestatore emetta nei confronti della PA una fattura in formato elettronico. Su di essa deve annotare la dicitura “scissione pagamenti”.
Esistono casi però in cui lo split payment non può essere applicato:
- Somme pagate dalla PA per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte ai fini reddituali (es. fattura dell’avvocato).
- Nel caso in cui la cessione di beni o la prestazione di servizi sia documentata mediante scontrino fiscale, fattura semplificata a norma dell’art. 21-bis del D.P.R. 633/1972 o trasmissione telematica dei corrispettivi (es. acquisti effettuati mediante la grande distribuzione).
- Operazioni rese nell’ambito di regimi speciali IVA (es. regime del margine per le agenzie di viaggio) e che non prevedono la separata indicazione dell’IVA in fattura obbligatoria invece negli regimi classici.
- Ente pubblico cessionario o committente (ossia l’ente che riceve il bene o il servizio) che si trova nella qualità di soggetto passivo di imposta in quanto viene applicato il meccanismo del “reverse charge” a norma del nuovo art. 17 –ter del DPR 633/1972.