Cibi e bevande: aliquote IVA diverse per somministrazione e cessione
Nel caso della vendita di cibi e bevande per orientarsi correttamente tra le regole di applicazione dell’IVA è necessario considerare la differenza tra somministrazione e cessione, due operazioni che scontano aliquote diverse: i fattori da considerare.
Su cibi e bevande l’applicazione dell’IVA può cambiare in base al luogo, al momento e alle condizioni del consumo: la normativa, infatti, prevede aliquote diverse per cessione e somministrazione.
In linea generale l’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese, arti e professioni. Il suo peso si calcola tenendo conto di quattro diverse aliquote: oltre a quella ordinaria al 22 per cento, ce ne sono altre tre agevolate pari al 4, al 5 e al 10 per cento.
Nella lista di operazioni che scontano l’aliquota ridotta più alta rientra anche la somministrazione di cibi e bevande, mentre per le canoniche cessioni bisogna far riferimento alla percentuale che si applica al bene ceduto.
Le istruzioni per orientarsi tra le regole e tutti gli elementi da considerare.
Cibi e bevande: due aliquote IVA diverse per somministrazione e cessione
Con il principio di diritto numero 9 del 22 febbraio 2019, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato la necessità di fare una distinzione chiara tra la somministrazione e la cessione di alimenti e bevande per la corretta applicazione dell’IVA.
“Mentre la “somministrazione di alimenti e bevande” è assoggettata all’aliquota del 10 per cento, ai sensi del n. 121) della Tabella A, Parte III, allegata al d.P.R. n.633 del 1972, la “cessione” dovrà scontare l’aliquota applicabile in dipendenza della singola tipologia di bene alimentare venduto”.
Ha chiarito, evidenziando i diversi trattamenti fiscali da applicare.
Nel Decreto IVA, infatti, nella parte III dell’Allegato A vengono menzionati tutti i beni e i servizi a cui si applica l’aliquota al 10 per cento e tra le varie voci ci sono anche le “somministrazioni di alimenti e bevande, effettuate anche mediante distributori automatici; prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto forniture o somministrazioni di alimenti e bevande”.
La differenza tra somministrazione e cessione
Per passare dalla teoria alla pratica, è necessario approfondire i due concetti e le differenze.
Con il termine “cessione” si fa riferimento all’atto con cui si cede ad altri un bene: non è altro che la semplice vendita di cibi e bevande.
Più articolata, invece, è la somministrazione, come dimostra anche il passaggio evidenziato dall’Agenzia delle Entrate nello stesso documento di prassi.
“La distinzione si rende necessaria in quanto a differenza delle cessioni, il contratto di somministrazione di alimenti e bevande, è inquadrato nell’ambito delle fattispecie assimilate alle prestazioni di servizi dall’articolo 3, comma 2, n. 4) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ed è caratterizzato dalla commistione di “prestazioni di dare” e “prestazioni di fare” (cfr. ris. n. 103 del 2016)”.
Un altro chiarimento importante che deriva dai documenti diffusi dall’Amministrazione finanziaria, infatti, riguarda le vendite di beni da asporto che devono essere considerate a tutti gli effetti cessioni di beni, “in virtù di un prevalente obbligo di dare”.
Le caratteristiche della somministrazione di cibi e bevande
La somministrazione di cibi e bevande, in altre parole, non si ferma alla vendita ma prevede anche il consumo sul posto e la presenza di servizi annessi.
Per poter applicare l’aliquota ridotta, quindi, vengono chiamati in campo altri elementi, oltre la semplice vendita, come:
- la presenza del consumatore finale;
- la disponibilità di spazi e servizi che consentano di bere e mangiare bevande e alimenti.
Di conseguenza, sono le condizioni in cui avviene l’operazione ad essere determinanti per l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta.
Focus su servizi di ristorazione e catering: le indicazioni che arrivano dall’UE
L’Agenzia delle Entrate è tornata spesso sul tema anche negli ultimi anni e per fornire le istruzioni da seguire ha preso come riferimento anche gli orientamenti della Corte di Giustizia Europea e il Regolamento di esecuzione (UE) N. 282/2011 del Consiglio del 15 marzo 2011, con le disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto.
Dall’UE è stato chiarito che l’operazione di ristorazione può essere considerata come una prestazione di servizi nel caso in cui la cessione dei cibi rappresenti solo una parte di un servizio complessivo di ristorazione che può essere composto, ad esempio, da cottura, consegna materiale del cibo, predisposizione di infrastrutture per poterne usufruire.
I servizi di supporto sufficienti a permettere il consumo immediato hanno un ruolo fondamentale. E, infatti, nella risposta all’interpello numero 35 del 2022 l’Agenzia delle Entrate chiarisce: “in assenza di servizi di supporto la fornitura di alimenti e bevande manca delle necessarie caratteristiche per rientrare nella definizione di servizio di ristorazione e catering e va più propriamente ricondotta ad una cessione di beni”.
In merito agli spazi per il consumo, vale la pena fare un’ultima precisazione: diversamente da ciò che accade per la ristorazione, per il catering è previsto che i servizi siano prestati in locali diversi da quelli del prestatore.