La fabbrica delle false recensioni online: quanto vale e qual è il ruolo dell’Antitrust
Il boom del commercio elettronico negli anni della pandemia e subito dopo ha creato un business molto redditizio: vere e proprie “fabbriche di recensioni false” che hanno generato un enorme giro di affari. I giudizi su viaggi, prodotti e ristoranti sono diventati un’arma a doppio taglio, se si considera il numero di recensioni online “finte” riscontrate dall’Antitrust, che ha provveduto a sanzionare diverse aziende per pratiche commerciali scorrette e ingannevoli. Secondo un recente articolo de ‘Il Sole24Ore’, sarebbero molte le piattaforme che utilizzano recensioni non veritiere per migliorare la propria reputazione. Ecco alcuni dati, cosa prevede la normativa e qual è il ruolo dell’Antitrust e delle piattaforme in ambito “fake reviews”.
Il business delle false recensioni: un po’ di dati
Si sa, le recensioni online svolgono un ruolo cruciale ormai nella brand reputation di un’attività soprattutto online e condizionano le scelte dei consumatori come confermano i dati di una ricerca condotta dalla piattaforma SEO BrightLocal e riportati in un articolo de Il Sole24Ore, secondo i quali il 77% dei clienti a livello mondiale consulta regolarmente le recensioni prima di effettuare un acquisto, mentre per quasi 8 consumatori su 10 (il 75%) una recensione positiva è uno dei fattori rassicuranti quando si tratta di decidere se acquistare, usare o consumare un prodotto, un servizio o un luogo da visitare. Le recensioni, quindi, determinano sempre più spesso il successo o meno di un’azienda. Fin qui tutto ok, se non fosse che come rivela il report ‘The State of Fake Online Review’ pubblicato da BusinessDIT il 30% delle recensioni dei clienti online sono false: immaginiamo l’impatto che tutto questo ha sul mercato, soprattutto alla luce del fatto che il 54% di consumatori non effettuerebbe acquisti se sospettasse di trovarsi davanti a finte recensioni. In termini economici le “fake reviews” costerebbero annualmente 152 miliardi di dollari, cifre insomma da capogiro.
Come funziona il mercato delle fake reviews
Ma come nasce il giro d’affari delle false recensioni? Tripadvisor, il portale di recensioni per eccellenza, fu la prima piattaforma a trasformare il sistema di reviews in un business, negli anni successivi poi il boom del commercio online e altri fattori hanno contribuito al proliferare di vere e proprie “farm”, che fabbricano e vendono ad albergatori, ristoratori e simili, dei pacchetti di fake reviews per aumentare la valutazione di determinati marchi sulle piattaforme o per svalutare quelli avversari. Tutto nasce in rete, a volte tramite Bot automatici, altre volte attraverso gruppi chiusi (quindi nascosti) su Facebook come ha dimostrato un’inchiesta del Guardian: due dollari per una recensione, centottanta per i pacchetti da cento. Per sembrare il più possibile verosimili ed essere credibili le review sono molto dettagliate e spesso accompagnate da foto. Gli attori principali sono tre: i venditori che attraverso post mirati promettono il rimborso completo del prodotto acquistato e recensito positivamente; gli intermediari, ovvero utenti che rilanciano gli annunci sui vari canali social e piattaforme; i recensori che in cambio di commissioni in denaro contribuiscono a gonfiare le valutazioni. L’alternativa alle farm sono le aziende che si muovono in autonomia, incoraggiando recensioni scritte da amici, parenti o dipendenti.
La normativa e il ruolo dell’Antitrust
Vendere o acquistare recensioni online è illegale. Ma chi scrive recensioni false commette un reato? Per combattere la deriva delle fake reviews il Parlamento italiano è corso ai ripari con il Decreto legislativo numero 26 del 7 marzo 2023, grazie al quale ha recepito la Direttiva europea Omnibus, nata per rafforzare la tutela dei consumatori sia nei negozi fisici che online. Secondo la normativa europea gli e-commerce che pubblicano recensioni devono comunicare ai propri clienti se queste provengono da consumatori che hanno effettivamente acquistato il prodotto o se al contrario non sono ancora state verificate. I provvedimenti di Bruxelles bloccano e sanzionano le recensioni false come pratica scorretta, e vietano l’astroturfing, la strategia di marketing con cui si altera falsificandola l’opinione comune su un determinato prodotto, come nel caso delle fake reviews, che in Italia però non costituisce reato. Nel nostro paese esiste comunque la possibilità di tutelarsi: gli autori di false recensioni negative rischiano una denuncia per diffamazione, mentre chiedere recensioni false dietro compenso può costituire l’illecito di concorrenza sleale e comportare l’intervento dell’Antitrust. Con multe che “prevedono un aumento da 5 a 10 milioni di euro in caso di pratica commerciale scorretta”. Nulla vieta di chiedere una recensione in cambio di omaggi o buoni sconto sul prossimo acquisto, ma non si può ad esempio chiedere al cliente un tipo specifico di recensione.
La risposta delle piattaforme
Per arginare il fenomeno e quindi rassicurare i propri utenti sull’affidabilità delle recensioni scritte da chi ha già vissuto quell’esperienza, quasi tutte le grandi piattaforme web da Google a Meta, TripAdvisor, Booking o Yelp hanno cercato di sviluppare sistemi di difesa in grado di intercettare valutazioni manipolate o falsi profili. È il caso, ad esempio, di Amazon che nel 2022 ha bloccato circa 200 milioni di recensioni sospette e denunciato più di 10 mila amministratori di gruppi Facebook; nello stesso anno Google ha rimosso 115 milioni di recensioni false. Nell’ultimo “Rapporto sulla trasparenza”, Tripadvisor ha dichiarato di aver identificato e cancellato nel corso del 2022 almeno 1,3 milioni di false recensioni.
Per ovviare a questa deriva, il sito nato come portale di recensioni e spesso accusato negli anni di pubblicare fake reviews, ha impostato un sistema che provvede al controllo manuale o tramite algoritmo sia prima della pubblicazione che dopo. Qualora la recensione falsa dovesse sfuggire al controllo, può essere segnalata e far scattare la procedura di verifica. Un ulteriore livello di tutela è quello costituito dal meccanismo relativo alle risposte alle recensioni da parte dei titolari dell’attività recensita. La risposta, per esempio, non può contenere proposte commerciali, ma solo indicazioni confermate o informazioni non reperibili altrove sul sito.
Booking invece, il colosso delle prenotazioni online nel settore viaggi, vieta di lasciare recensioni ai dipendenti della proprietà e a chi non ha realmente utilizzato la piattaforma e soggiornato nella struttura, riservandosi il diritto di cancellare le recensioni che violano le linee guida previste.
Alla luce del fenomeno risulta chiaro quindi quanto sia importante per un affidarsi a un software per gestire il proprio e-commerce e implementare sistemi di monitoraggio delle attività sospette per proteggersi da accessi non rispettosi della normativa. È quello che permette di fare TeamSystem Commerce che consente non solo una gestione efficace del negozio online, ma anche di salvaguardare la sicurezza degli utenti.