Il subappalto dopo gli interventi della corte di giustizia europea
Il subappalto nei contratti pubblici è stato al centro nel 2019 di vari interventi, normativi e giurisprudenziali, che hanno riguardato:
1. Sul limite quantitativo che l’ordinamento italiano pone al subappalto
L’art. 105, co. 2, D.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), nella sua versione originaria, limitava la quantità di prestazioni eseguibili in regime di subappalto al 30% dell’importo complessivo del contratto da affidare.
Tale limitazione, già presente nel previgente Codice (D.Lgs. 163/2006), è stata fin dall’inizio di dubbia coerenza con le direttive europee in materia.
La ragione di una norma così restrittiva, a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, è individuata nel rischio d’infiltrazione criminale che si collega ai soggetti coinvolti in cantiere, non sempre controllabili dalla PA con la necessaria puntualità, precisione e diligenza.
Nella lettera di messa in mora del 24.1.2019 inviata all’Italia, la Commissione europea ha, però, evidenziato l’incompatibilità del suddetto limite con la disciplina dell’UE.
In particolare, la previsione di un limite fisso e generalizzato di ricorso al subappalto contrasta con il principio di libera concorrenza, perseguito dalle direttive e posto a favore delle piccole e medie imprese, a fronte di meccanismi alternativi che le stazioni appaltanti pur potrebbero impiegare per regolare e/o limitare l’incidenza del subappalto.
Tra tali meccanismi figura, infatti, secondo la Commissione europea, la possibilità di imporre agli appaltatori l’indicazione delle prestazioni che intendono sub-affidare, dei nomi dei medesimi subappaltatori sui quali eseguire le opportune verifiche (già in fase di gara, senza attendere l’esecuzione del contratto), oltre che alla possibilità di vietare il subappalto in relazione allo svolgimento di parti ritenute essenziali dell’affidamento.
Nel tentativo di rimediare a tale situazione di difformità rispetto alla superiore regolamentazione europea, l’Italia ha innalzato il suddetto limite con il d.l. 32/2019 (cd. “Sblocca cantieri”), in sede di conversione con la l. 55/2019.
2. La sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26.9.2019
Tuttavia, il modesto innalzamento di siffatto limite massimo, dal 30 al 40%, si è rivelato insufficiente.
Con la decisione resa nella causa C-63/2018 del 26.9.2019, la CGUE ha infatti ritenuto incompatibile con il diritto UE la limitazione imposta al ricorso al subappalto.
La vicenda esaminata riguardava l’esclusione di un’impresa da una gara indetta da Autostrade per l’Italia per i lavori d’ampliamento dell’A8 a causa del superamento del limite del 30%, previsto dall’art. 105, co. 2, del Codice.
Il TAR Milano rimetteva la questione alla Corte di Giustizia europea, chiedendo se le norme sovranazionali fossero contrarie a tale disciplina.
La Corte ha deciso che tale limite è anticoncorrenziale.
Infatti un limite astratto e generale è eccessivo, quando la PA appaltante può conoscere già in gara le parti dell’appalto da affidare a terzi e l’identità dei sub-esecutori, verificando anche in capo a questi ultimi l’assenza di motivi d’esclusione e la presenza di requisiti di qualificazione adeguati.
Tanto più che tale limite si applica del tutto a prescindere: indipendentemente, cioè, dalla natura dei lavori, dal settore economico di riferimento, dalle caratteristiche specifiche dell’appalto, e senza che siano consentite valutazioni caso per caso, anche quando la PA potrebbe identificare i subappaltatori interessati, accertando che tale limite tassativo non sia funzionale in concreto all’obbiettivo d’impedire turbative, collusioni o penetrazioni criminali nell’appalto.
3. L’intervento dell’ANAC
In tale quadro è sopraggiunta la segnalazione n. 8 del 13.11.2019, con cui l’ANAC ha fornito alcune utili indicazioni per guidare l’operato delle stazioni appaltanti, ormai incerte se applicare o meno il limite imposto al subappalto dall’art. 105 co. 2 del Codice.
In particolare, l’Autorità suggerisce di prevedere la regola generale dell’ammissibilità del subappalto (avallando la disapplicazione della norma interna in contrasto con il diritto europeo), salvo eventuali limitazioni imposte dalla PA per il caso specifico, in presenza di specifiche esigenze che devono essere adeguatamente motivate.
In tal senso, come indicato dalla CGUE, il subappalto potrà essere limitato o escluso in relazione a determinate categorie merceologiche o parti di prestazioni o mercati specifici, anche al fine di evitare un’eccessiva frammentazione dell’affidamento, tale da comportare un rischio rispetto a fenomeni di corruzione, spartizioni o infiltrazioni criminali oppure per esigenze di carattere organizzativo e/o di sicurezza, laddove la presenza di molteplici addetti appartenenti a più ditte potrebbe aumentare i rischi di scarso coordinamento ed attuazione delle misure di tutela del lavoro e della salute.
L’ANAC ha formulato ulteriori ipotesi di possibili limiti in deroga alla generale ammissibilità del subappalto e ha fornito altre indicazioni al legislatore (essendo ormai urgente un intervento normativo, che faccia ordine in una materia tanto delicata).
Si rinvia, quindi, alla segnalazione dell’ANAC, che può essere consultata al seguente link.
La soluzione prevista dall’ANAC costituisce certamente un contributo interpretativo da prendere in considerazione.
Non bisogna dimenticare, tuttavia, che il problema, se va affrontato con norme giuridiche più chiare, ha però un risvolto operativo imprescindibile.
Molto spesso, specie per le PA appaltanti di minori dimensioni, meno strutturate ed organizzate, la difficoltà si inserisce nella possibilità stessa di controllare, in modo tempestivo ed efficace, l’identità e i requisiti dei subappaltatori.
Tali Amministrazioni non dispongono di strumenti, anche informatici, idonei a compiere controlli puntuali, veloci ed esaustivi. Il che impedisce quel filtro in concreto che dovrebbe costituire il deterrente più idoneo a fenomeni di turbativa o di attecchimento criminoso.
4. L’illegittimità del limite del 20% di ribasso praticato ai subappaltatori
A distanza di due mesi dalla pronuncia sopra illustrata, con la decisione del 27.11.2019 nella causa C-402/18, la CGUE è tornata sul subappalto nell’ordinamento italiano, affrontando la diversa questione della compatibilità con il diritto UE dell’art. 105, co. 14, del Codice, laddove si obbliga l’affidatario dei lavori a praticare, per le prestazioni esternalizzate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con ribasso non superiore al 20%.
La Corte, in linea con le motivazioni della pronuncia del 26.9.2019, ha bocciato la previsione di un limite generale predefinito sulla remunerazione dei subappaltatori, che non tenga in considerazione le leggi, i regolamenti e i contratti collettivi vigenti circa le condizioni di lavoro relative al settore economico di riferimento.
In sostanza, la Corte ha ribadito nuovamente la contrarietà ai principi di diritto europeo di normative nazionali che prescrivono rigidamente le condizioni di accesso al mercato, in modo avulso da un esame della situazione specifica; mentre risultano preferibili soluzioni più flessibili, che consentano alle stazioni appaltanti di verificare caso per caso il rispetto effettivo delle prescrizioni poste dall’ordinamento a tutela del lavoratore, che non possono ritenersi di per sé violate dalla capacità di un’impresa di limitare i propri costi in ragione dei prezzi negoziati con i subappaltatori.
Tale limite del 20% deve -perciò- ritenersi eliminato dalla regolazione italiana in materia di contratti pubblici.
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