Normativa Dm 1444/68 e standard urbanistici

30.11.2019 - Tempo di lettura: 3'
Normativa Dm 1444/68 e standard urbanistici

La normativa DM 1444/68 rappresenta un momento fondamentale nella storia dell’urbanistica italiana perché ha introdotto per la prima volta gli standard urbanistici come strumento di pianificazione e controllo dello sviluppo urbano. Questa norma nasce in un contesto di rapida urbanizzazione e crescita demografica che aveva messo in evidenza la necessità di regolamentare lo sviluppo urbano e di garantire un equilibrio tra le esigenze di espansione edilizia e la qualità della vita dei cittadini.

Questo decreto ministeriale, emanato il 2 aprile 1968, è stato successivamente integrato e modificato da altre normative. Tra queste, possiamo citare la legge 10/1977 che ha introdotto gli standard urbanistici e gli oneri urbanistici di salvaguardia e di sostenibilità, e la legge 142/1990 che ha riformato il sistema delle autonomie locali e ha attribuito ai comuni maggiori competenze in materia di pianificazione territoriale.

Gli standard urbanistici nel DM 1444/68

Gli standard urbanistici introdotti dal DM 1444/68 riguardano principalmente le aree destinate a servizi e infrastrutture pubbliche, come scuole, ospedali, parchi, aree verdi e impianti sportivi. L’obiettivo principale di questi standard è garantire un livello adeguato di dotazione di servizi e infrastrutture per la popolazione residente, in relazione alle specifiche esigenze del territorio e alle diverse fasce di età e categorie sociali.

Il DM 1444/68 suddivide gli standard urbanistici in tre categorie:

  • Standard minimi: rappresentano il livello minimo di dotazione di servizi e infrastrutture che deve essere garantito in ogni intervento urbanistico, indipendentemente dalla sua dimensione e localizzazione. Gli standard minimi riguardano, ad esempio, la superficie delle aree verdi per abitante, il numero di posti letto negli ospedali per mille abitanti e il rapporto tra il numero di alunni e il numero di aule nelle scuole.
  • Standard medi: rappresentano il livello di dotazione di servizi e infrastrutture che deve essere garantito in interventi urbanistici di una certa dimensione e importanza, come i nuovi quartieri residenziali o le aree di trasformazione urbana. Gli standard medi riguardano, ad esempio, la presenza di impianti sportivi, di centri culturali e di servizi di mobilità.
  • Standard massimi: rappresentano il livello di dotazione di servizi e infrastrutture che deve essere garantito in interventi urbanistici di particolare rilevanza e complessità, come i nuovi poli urbani o le aree di riqualificazione urbana. Gli standard massimi riguardano, ad esempio, la presenza di università, di ospedali di alta specializzazione e di grandi infrastrutture di trasporto.

Le modalità di calcolo e di applicazione degli standard urbanistici nel DM 1444/68

Il DM 1444/68 stabilisce che gli standard urbanistici devono essere calcolati sulla base della popolazione residente e delle specifiche esigenze del territorio, tenendo conto delle diverse fasce di età e delle diverse categorie sociali. Il decreto prevede inoltre che gli standard urbanistici siano applicati in modo flessibile e contestualizzato, in funzione delle caratteristiche del territorio e degli obiettivi di pianificazione.

Per garantire l’applicazione degli standard urbanistici, il DM 1444/68 prevede che i Comuni siano tenuti a riservare, nei propri piani regolatori generali (PRG) e nei piani particolareggiati, le aree necessarie alla realizzazione dei servizi e delle infrastrutture previste dagli standard. Inoltre, il decreto stabilisce che gli interventi urbanistici che comportano un aumento della popolazione residente debbano prevedere, a carico dei soggetti attuatori, la cessione gratuita al comune delle aree destinate agli standard urbanistici e il contributo per la realizzazione delle opere di urbanizzazione.

Standard urbanistici: cosa sono nel dettaglio

Gli standard urbanistici sono un insieme di norme e parametri che regolamentano la pianificazione e la realizzazione di interventi urbanistici all’interno di un territorio. L’obiettivo principale degli standard urbanistici è garantire un equilibrio tra lo sviluppo edilizio e la qualità della vita dei cittadini, tenendo conto delle esigenze sociali, economiche e ambientali.

Tipologie di standard urbanistici

Gli standard urbanistici possono essere suddivisi in diverse categorie, a seconda delle specifiche esigenze del territorio e degli obiettivi di pianificazione. Tra le principali tipologie di standard urbanistici, possiamo citare:

  1. Standard edilizi: riguardano le caratteristiche tecniche e qualitative degli edifici, come la densità abitativa, gli indici di edificabilità, le altezze massime e le distanze minime tra gli edifici. Questi standard sono fondamentali per garantire la salubrità e la sicurezza degli alloggi, nonché per preservare il carattere architettonico e paesaggistico del territorio.
  2. Standard urbanistici di dotazione: si riferiscono alle infrastrutture e ai servizi pubblici necessari per garantire il benessere e la qualità della vita dei cittadini, come scuole, ospedali, parchi, aree verdi, impianti sportivi e servizi di mobilità. Questi standard sono calcolati in base alla popolazione residente e alle specifiche esigenze del territorio, tenendo conto delle diverse fasce di età e delle diverse categorie sociali.
  3. Standard urbanistici di salvaguardia: hanno lo scopo di proteggere e valorizzare il patrimonio naturale, storico e culturale del territorio, attraverso la definizione di aree soggette a vincoli paesaggistici, ambientali o archeologici. Questi standard possono prevedere, ad esempio, la limitazione degli interventi edilizi nelle aree di interesse storico-artistico o la tutela delle aree agricole e delle zone umide.
  4. Standard urbanistici di sostenibilità: mirano a promuovere uno sviluppo urbano sostenibile e a ridurre l’impatto ambientale degli interventi edilizi, attraverso l’adozione di tecnologie e pratiche ecocompatibili, come l’efficientamento energetico, la mobilità sostenibile e la gestione integrata dei rifiuti. Questi standard possono prevedere, ad esempio, l’obbligo di utilizzare materiali riciclati o a basso impatto ambientale nella costruzione degli edifici, o la realizzazione di impianti fotovoltaici e di raccolta delle acque piovane.

Come calcolare gli standard urbanistici

Il calcolo degli standard urbanistici è un processo complesso che richiede una profonda conoscenza delle normative vigenti e delle specifiche esigenze del territorio. In generale il calcolo degli standard urbanistici si basa su una serie di parametri e indicatori, che variano a seconda della tipologia di standard considerata e delle caratteristiche del territorio.

Per calcolare gli standard urbanistici è necessario seguire alcuni passaggi fondamentali:

  1. Analisi del contesto territoriale: prima di procedere al calcolo degli standard urbanistici è importante analizzare il contesto territoriale in cui si interviene, tenendo conto delle specificità geografiche, demografiche, economiche e sociali. Questa analisi permette di individuare le principali esigenze e le priorità di intervento e di definire gli obiettivi di pianificazione.
  2. Individuazione dei parametri e degli indicatori: a seconda della tipologia di standard urbanistico considerata è necessario individuare i parametri e gli indicatori più appropriati per il calcolo. Ad esempio, per calcolare gli standard urbanistici di dotazione, si possono utilizzare indicatori come la superficie degli spazi verdi per abitante, il numero di posti letto negli ospedali per mille abitanti o il rapporto tra il numero di alunni e il numero di aule nelle scuole.
  3. Raccolta ed elaborazione dei dati: una volta individuati i parametri e gli indicatori è necessario raccogliere e elaborare i dati relativi al contesto territoriale, utilizzando fonti statistiche, cartografiche e amministrative. Questa fase può richiedere l’utilizzo di software e strumenti informatici specifici, come i sistemi informativi geografici (GIS) o i programmi di analisi statistica.
  4. Calcolo degli standard urbanistici: infine, è possibile procedere al calcolo degli standard urbanistici confrontando i dati raccolti con i parametri e gli indicatori individuati. Il risultato di questo confronto permette di valutare il grado di aderenza tra gli standard urbanistici e le esigenze del territorio e di individuare eventuali criticità e opportunità di intervento.

Standard urbanistici e limiti da rispettare

In tutti i comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, devono essere osservati i limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.

I limiti e i rapporti previsti sono definiti per Zone Territoriali Omogenee, tra cui si possono distinguere:

  1. le parti del territorio interessate da agglomerati urbani a carattere storico, artistico e ambientale;
  2. le parti del territorio, diverse dalla zona A, totalmente o parzialmente edificate;
  3. le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi;
  4. le parti di territorio destinate a impianti industriali;
  5. le parti di territorio destinate a uso agricolo;
  6. le parti di territorio destinate ad attrezzature e impianti di interesse generale.

Rapporti massimi tra gli spazi

I rapporti massimi per gli spazi residenziali consentono di assicurare ad ogni abitante, insediato o da insediare in una zona residenziale, una dotazione minima di spazio pubblico o riservato alla collettività, al verde pubblico o ai parcheggi. Questa quota inderogabile è di 18 m2.

I rapporti massimi per gli spazi produttivi, invece, vengono definiti in base alla tipologia di attività:

  • insediamento industriale o assimilabile ad esso: lo spazio destinato agli spazi pubblici, attività collettive, verde pubblico o parcheggi non può essere inferiore al 10% dell’intera superficie.
  • insediamento commerciale o direzionale: a 100 m2 di superficie lorda del pavimento devono corrispondere almeno 80 m2 di spazio di cui, almeno la metà, deve essere destinata a parcheggi.

Quantità minime di spazi

Le quantità minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da osservare in rapporto agli insediamenti residenziali, variano a seconda delle diverse zone territoriali in base alle specifiche situazioni.

Per la zona A nel caso in cui l’amministrazione comunale dimostri l’impossibilità di raggiungere le quantità minime è necessario specificare come vengano  soddisfatti i fabbisogni dei relativi servizi ed attrezzature.

Nella zona B se risulta impossibile raggiungere la predetta quantità di spazi su aree idonee, è necessario individuare spazi all’interno dei limiti delle disponibilità esistenti nelle immediate vicinanze o su aree accessibili, considerando i raggi di influenza delle singole attrezzature e l’organizzazione dei trasporti pubblici.

Nella zona C è necessario garantire integralmente la quantità minima di spazi.

Nei Comuni con una popolazione prevista inferiore a 10 mila abitanti la quantità minima di spazio è fissata in 12 metri quadrati (di cui 4 metri quadrati riservati alle attrezzature scolastiche). La stessa disposizione si applica agli insediamenti residenziali in Comuni con una popolazione prevista superiore a 10 mila abitanti, quando si tratta di nuovi complessi insediativi con una densità fondiaria non superiore a 1 metro cubo per metro quadrato.

Nella zona E la quantità minima è stabilita in 6 metri quadrati da destinare complessivamente alle attrezzature e ai servizi indicati nelle lettere A e B (con rapporti massimi).

Nella zona F gli spazi per le attrezzature pubbliche di interesse generale devono essere previsti in misura non inferiore alle seguenti quantità in relazione alla popolazione del territorio servito:

  • 1,5 metri quadrati per abitante per le attrezzature per l’istruzione superiore all’obbligo (esclusi gli istituti universitari)
  • 1 metro quadrato per abitante per le attrezzature sanitarie ed ospedaliere
  • 15 metri quadrati per abitante per i parchi pubblici urbani e territoriali.

Limiti di densità edilizia

I seguenti sono i limiti inderogabili di densità edilizia per le diverse zone territoriali omogenee:

Per la zona A per le operazioni di risanamento conservativo e altre trasformazioni conservative le densità edilizie di zona e fondiarie non devono superare quelle preesistenti, senza considerare le soprastrutture recenti senza valore storico-artistico. Nel caso di nuove costruzioni ammesse la densità fondiaria non deve superare il 50% della densità fondiaria media della zona e, in nessun caso, i 5 metri cubi per metro quadrato.

Nella zona B le densità territoriali e fondiarie vengono stabilite durante la formulazione degli strumenti urbanistici tenendo conto delle esigenze igieniche, del decongestionamento urbano e delle quantità minime di spazi. Nel caso in cui il piano consenta trasformazioni per singoli edifici attraverso demolizione e ricostruzione non sono ammesse densità fondiarie superiori ai seguenti limiti:

  • 7 metri cubi per metro quadrato per comuni con più di 200 mila abitanti;
  • 6 metri cubi per metro quadrato per comuni tra 200 mila e 50 mila abitanti;
  • 5 metri cubi per metro quadrato per comuni con meno di 50 mila abitanti.

Il numero di abitanti si riferisce alla situazione del Comune al momento dell’adozione del piano. Sono ammesse densità superiori ai limiti sopra citati solo se non superano il 70% delle densità preesistenti.

Nella zona C i limiti di densità edilizia di zona saranno determinati combinando le norme relative agli altri standard e gli indici di densità fondiaria, che devono essere stabiliti durante la formulazione degli strumenti urbanistici senza avere limiti specifici.

Nella zona E è stabilita una densità fondiaria massima di 0,03 metri cubi per metro quadrato per le abitazioni.

Limiti di altezza degli edifici

Ecco le altezze massime degli edifici per le diverse zone territoriali omogenee:

Nella zona A per le operazioni di risanamento conservativo non è consentito superare le altezze degli edifici preesistenti, senza considerare soprastrutture o sopraelevazioni aggiunte alle strutture antiche. Per eventuali trasformazioni, o nuove costruzioni ammesse, l’altezza massima di ogni edificio non può superare l’altezza degli edifici circostanti di valore storico-artistico.

Nella zona B l’altezza massima dei nuovi edifici non può superare l’altezza degli edifici preesistenti e circostanti, ad eccezione di edifici inclusi in piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate che rispettino i limiti di densità fondiaria.

Nella zona C, se contigua o in diretto rapporto visuale con zone di tipo A, le altezze massime dei nuovi edifici non possono superare altezze compatibili con quelle degli edifici delle zone A sopra citate.

Per gli edifici ricadenti in altre zone le altezze massime vengono stabilite dagli strumenti urbanistici in relazione alle norme sulle distanze tra i fabbricati.

Limiti di distanza tra i fabbricati

Ecco le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee:

Nella zona A, per le operazioni di risanamento conservativo e ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle tra i volumi edificati preesistenti, senza considerare le costruzioni aggiuntive recenti senza valore storico, artistico o ambientale.

Per i nuovi edifici nelle altre zone è prescritta una distanza minima assoluta di 10 metri tra le pareti finestrate e le pareti degli edifici antistanti.

Nella zona C, tra le pareti finestrate degli edifici antistanti, è prescritta una distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto. Questa norma si applica anche nel caso in cui una parete sia semplicemente finestrata, quando gli edifici si fronteggiano per una lunghezza superiore a 12 metri. Le distanze minime tra fabbricati con strade per il traffico veicolare (ad eccezione delle strade cieche per singoli edifici o insediamenti) devono essere uguali alla larghezza della sede stradale aumentata come segue:

  • 5 metri per lato per strade con larghezza inferiore a 7 metri;
  • 7,5 metri per lato per strade con larghezza compresa tra 7 e 15 metri;
  • 10 metri per lato per strade con larghezza superiore a 15 metri.

Se le distanze tra i fabbricati, calcolate come indicato sopra, risultano inferiori all’altezza del fabbricato più altovengono aumentate fino a raggiungere l’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori alle indicazioni precedenti per gruppi di edifici inclusi in piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planivolumetriche.

La Monetizzazione delle aree standard

L’evoluzione della materia urbanistica ha introdotto la possibilità di “monetizzare” le aree A standard. La monetizzazione consiste nel versamento al comune di un importo alternativo alla cessione diretta delle stesse aree, pratica che permette al lottizzante di corrispondere alla pubblica amministrazione (P.A.) un canone in denaro per ogni metro quadrato non ceduto  La P.A. avrà poi l’obbligo di utilizzare quanto ottenuto dalla monetizzazione per la realizzazione di opere pubbliche nell’area stabilita.

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