Protocolli di legalità: cosa sono e a cosa servono

17.12.2024 - Tempo di lettura: 7'

Il termine protocollo di legalità individua l’accordo stipulato tra Pubbliche Amministrazioni, di norma la Prefettura, quale espressione del Ministero dell’Interno, da un lato, ed un altro ente, quale stazione appaltante di una gara per lavori e/o servizi pubblici, finalizzato alla prevenzione ed al contrasto di fenomeni criminosi, quali l’infiltrazione mafiosa negli appalti, i cui termini devono essere conosciuti, accettati e rispettati dal terzo operatore economico qualora intenda partecipare alla relativa gara.

Siffatte tipologie di accordo sono conosciute nel nostro ordinamento sin dagli degli anni ’90 e trovano origine in alcune prassi virtuose annoverabili nel sistema c.d. pattizio “antimafia” (tra cui rientrano anche le c.d. interdittive) che nel corso del tempo si è andato affiancando alla vigente normativa di contrasto alla corruzione ed alle infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti pubblici.

Da un punto di vista formale i protocolli di legalità rientrano nel genus degli accordi fra pubbliche amministrazioni previsti dall’articolo 15, l. n. 241/1990 (la legge sul procedimento amministrativo) secondo cui anche al di fuori delle ipotesi delle Conferenze di servizio di cui all’articolo 14 della medesima legge, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dall’articolo 11, commi 2 e 3, vale a dire che:

  • richiedono la forma scritta ad substantiam, pertanto devono essere stipulati, a pena di nullità per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti;
  • sono soggetti, salvo che sia diversamente previsto, ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili.

Per la medesima ragione, i protocolli di legalità, al pari di qualsivoglia accordo ex articolo 15, l. n. 241/1990, devono essere approvati nel rispetto dei principi di proporzionalità, di ragionevolezza, di parità di trattamento e di non discriminazione, di concorrenza, di trasparenza e non possono mai costituire un inutile aggravamento del procedimento amministrativo stante il divieto di cui all’art. 1, comma 2 della medesima legge sul procedimento.

Nel passato, i protocolli di legalità avevano trovato un espresso richiamo, per quanto riguarda gli appalti pubblici, all’articolo 176, comma 3, lett. e) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 che ne definiva la finalità fissando le condotte che l’operatore economico aggiudicatario della gara doveva tenere per evitare infiltrazioni mafiose.

Successivamente, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), l’articolo 176 innanzi richiamato è stato abrogato e l’esclusione dalla gara in riferimento ai protocolli di legalità non rientra nell’elenco delle cause di esclusione.

Il vigente codice degli appalti pubblici introdotto dal D.Lgs. 36/2023, all’art. 10 prevede il c.d. principio di tassatività delle cause di esclusione vale a dire che “Le cause di esclusione di cui agli articoli 94 e 95 sono tassative e integrano di diritto i bandi e le lettere di invito; le clausole che prevedono cause ulteriori di esclusione sono nulle e si considerano non apposte”.

L’osservanza dei protocolli di legalità non è inserita tra le cause di esclusione di cui agli artt. 94 e 95 citati.

Il tenore del dettato codicistico ha indotto gli operatori del settore a chiedersi se sia legittima o meno la clausola del bando di gara che preveda l’esclusione riferita ai protocolli di legalità.

In merito va osservato che già nella vigenza del precedente codice degli appalti pubblici, il Consiglio di Stato aveva chiarito (Adunanza Plenaria del 25 febbraio 2014 n. 9) che “la disposizione deve essere intesa nel senso che l’esclusione dalla gara è disposta sia nel caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino espressamente, sia nell’ipotesi in cui impongano adempimenti doverosi o introducano norme di divieto pur senza prevedere espressamente l’esclusione”.

Ne consegue, che l’esclusione da una gara di appalto è ammessa dall’ordinamento in caso di inadempimento di disposizioni non solo del codice, ma anche di altre leggi.

Protocolli di legalità: la legge Anticorruzione e gli obblighi previsti

Rebus sic stantibus, per i protocolli di legalità assume rilevanza la Legge 6 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” (c.d.  legge Anticorruzione).

La Legge Anticorruzione all’articolo 1, comma 17 stabilisce, infatti, che “Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara”.

Pertanto, è da ritenersi pienamente legittimo il bando che richieda, a pena di esclusione, all’operatore di economico di conoscere, accettare ed osservare un protocollo di legalità.

Nell’assenza di un contenuto normativamente imposto, è possibile affermare che il protocollo, introduce per la stazione appaltante principalmente l’obbligo di osservanza di maggiore trasparenza nelle procedure.

Più numerosi sono, invece, gli obblighi a carico dell’operatore economico tra cui si segnalano:

  • l’obbligo di osservanza della normativa vigente in materia di appalti pubblici e anticorruzione;
  • l’obbligo di osservare una condotta etica con divieto di porre in essere pratiche illecite;
  • l’obbligo di trasparenza, comunicando per i subappalti tutte le relative informazioni;
  • l’obbligo di tracciabilità dei pagamenti per evitare flussi finanziari illeciti;
  • l’obbligo di collaborazione con le autorità con previsione di controlli e verifiche anche a campione;
  • l’obbligo di attività formative per il personale su tematiche della corruzione.

Protocolli di legalità e nuovo codice degli appalti pubblici

Il protocollo di legalità nell’ambito delle gare pubbliche costituisce, per quanto innanzi espresso, uno strumento di fondamentale importanza al fine di prevenire fenomeni quali la corruzione e le infiltrazioni criminali negli affidamenti che sono altamente lesivi degli interessi pubblici.

Il ricorso a tale tipologia di accordi può ritenersi incoraggiato a seguito dell’emanazione del nuovo Codice degli appalti pubblici (D.Lgs. 36/2023) il quale, pur nell’ottica della semplificazione delle procedure, al fine di avere gare corrette e senza condizionamenti illeciti rafforza la tutela della concorrenza, della legalità, dell’imparzialità e della trasparenza.

In particolare, il principio della trasparenza costituisce, all’interno del sistema sviluppato dal Codice degli Appalti, la stella polare a cui tendono diverse previsioni tra cui quelle inerenti:

  • le verifiche antimafia;
  • la regolamentazione del subappalto;
  • le cause di esclusione automatica;
  • il rafforzamento del ruolo – e dei poteri di controllo – delle Prefetture e dell’ANAC;
  • l’obbligo di pubblicità e accessibilità degli atti di gara;
  • le modalità di verifica dei requisiti di moralità e legalità dei partecipanti.

In particolare, nell’ottica della maggiore trasparenza, la Digitalizzazione ed il ruolo centrale della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, gestita dall’ANAC consentono una più agevole verifica dei requisiti degli operatori economici riducendo la discrezionalità della P.A.

Si aggiunga che con la delibera n. 601 del 19 dicembre 2023, l’ANAC ha integrato la precedente delibera n. 264 del 20 giugno 2023 riguardante la trasparenza dei contratti pubblici che individuava gli atti, le informazioni e i dati del ciclo di vita dei contratti pubblici, oggetto di trasparenza. L’Autorità, con il nuovo provvedimento, ha chiarito le modalità e gli obblighi di pubblicazione.

Quanto innanzi in considerazione dell’avvio della piena digitalizzazione dei contratti pubblici a partire dal 1° gennaio 2024. In tale data sono infatti entrate in vigore le novità del codice per quel che attiene la pubblicazione dei contratti.

Il protocollo di legalità, come favorito (ed integrato) dal nuovo Codice degli appalti pubblici, costituisce pertanto un elemento strategico, disegnato dall’ordinamento a chiusura del sistema, al fine di prevenire la corruzione e le infiltrazioni criminali volta che l’operatore economico – che intende partecipare ad una gara pubblica – è tenuto non solo a prenderne visione, ma, anche, all’osservanza delle relative disposizioni a pena di esclusione.

La conseguenza è che l’operatore economico dovrà – giocoforza – formare il proprio personale in materia e dotarsi di una struttura organizzativa e di sistemi di verifica e controlli anche digitali (software) adeguati all’osservanza delle disposizioni non solo del bando di gara ma, anche, di quelle del collegato protocollo di legalità.

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