Come diventare più competitivi nell’edilizia
Il tessuto imprenditoriale italiano, storicamente, è caratterizzato da una moltitudine di piccole realtà autonome che si muovono su mercati ben definiti, principalmente per vicinanza geografica o per specificità del proprio prodotto.
Il settore edile, in particolare, è uno dei più esemplificativi in questo senso: caratterizzato dalla presenza di un’importante quota percentuale di aziende scarsamente strutturate o di breve durata, unisce a questi fattori la tendenza alla dimensione molte volte assimilabile più alla micro che alla piccola impresa. Realtà artigiane con pochi dipendenti, lavoratori autonomi che si aggregano occasionalmente e senza legami di natura formale.
Ancor di più, se parliamo di grandi imprese, difficilmente siamo portati ad affiancare questo concetto al settore delle costruzioni italiano, che può ciclicamente contare su un ridotto numero di soggetti giuridici assimilabili a tale categoria, sia per volume di affari sia per numero di dipendenti.
Nessuno vuole negare la molteplicità di valori aggiunti che la piccola impresa è in grado di offrire, sia all’imprenditore (flessibilità, controllo operativo, presenza sul territorio) che all’utente (rapporto diretto con l’impresa, assistenza post-vendita) e la ricchezza non solo materiale ma anche sociale e culturale che un sistema produttivo improntato su un tale modello è stato in grado di produrre nel sistema economico del nostro Paese.
Allo stesso tempo, però, appare sempre più evidente come la crescente complessità del mercato delle costruzioni richieda ormai da qualche tempo un cambio di mentalità: non la cancellazione di un’impostazione che per decenni si è dimostrata vincente, ma un’evoluzione che porti le imprese a confrontarsi tra loro in maniera collaborativa per poter cogliere al meglio le opportunità che il mercato offre, attraverso forme di aggregazione flessibili.
Il sistema giuridico italiano offre diverse possibilità alle imprese per poter operare tra di loro in maniera collaborativa. Per citarne solo qualcuno:
- Il Raggruppamento Temporaneo d’Imprese (RTI o ATI) in cui dei soggetti giuridici indipendenti possono associarsi per un determinato periodo di tempo andando a creare una nuova entità. Si parla di ATI orizzontale quando le facenti parte si suddividono in egual misura oneri ed onori; mentre si parla di ATI verticale quando ad un’impresa principale (o mandante) fanno capo le altre (mandatarie)
- Le Reti d’impresa, libere associazioni che possono essere finalizzate anche a singoli scopi operativi per migliorare la competitività di chi sceglie di farne parte e che possono essere contrattualizzate (con costituzione di nuovo soggetto giuridico) o completamente libere
- I Consorzi stabili.
Si tratta di opportunità, non sempre semplici da valutare e cogliere per realtà di piccola dimensione ma sulle quali vale la pena per lo meno effettuare una riflessione. Il “muoversi da soli” può avere un senso se si opera in un mercato di nicchia, dove la specializzazione diventa un valore aggiunto e le dinamiche di mercato sono completamente diverse.
Quando ci si inserisce in un ambito più generalista, ed è il caso della grande maggioranza delle imprese di costruzione italiane, il mantenimento a tutti i costi della propria indipendenza può a volte esporre l’impresa ad un sovraccarico gestionale insostenibile o, più semplicemente, precluderle la possibilità di accedere a determinate tipologie di appalto.
Gli adempimenti burocratici a cui ottemperare per lo svolgimento anche di commesse relativamente semplici hanno ormai raggiunto un livello importante: si pensi per esempio al tema Superbonus con cessione del credito d’imposta, che senza un adeguato supporto dal punto di vista fiscale/finanziario sarebbe completamente insostenibile per una piccola impresa, piuttosto che rappresentare un’opportunità di sviluppo per essa.
Lo stesso mondo bancario, anche per la concessione di semplici fidi di cassa o finanziamenti per liquidità, ha modificato profondamente negli anni l’approccio al mondo delle costruzioni, incrementandone la valutazione del fattore di rischio e richiedendo strutture imprenditoriali nonché forme di garanzia non paragonabili a quanto poteva accadere 15 o 20 anni fa. Senza forme di aggregazione (es. confidi) certe strade sarebbero non percorribili per molte realità imprenditoriali.
La collaborazione tra imprese, quindi, è fondamentale ancor di più quando si valutano le possibilità di crescita di un’impresa, la legittima aspirazione ad esplorare nuovi mercati, anche fuori dai confini nazionali. Occorre superare la logica del campanilismo imprenditoriale: senza far venir meno il meccanismo della concorrenza, la convenienza reciproca che si ottiene nell’unire e rendere complementari le forze organizzative, finanziarie ed operative di più imprese è innegabile.
Un ultimo accenno lo vorrei fare nei confronti dell’interdisciplinarietà: complessità è la parola chiave di questo periodo storico ed il mondo delle costruzioni non ne è esente, saper guardare al di fuori del proprio settore produttivo, aggregando competenze diverse al fine di offrire alla propria clientela un sistema di servizi integrati può essere in molte occasioni la chiave vincente per emergere. Conoscenze diverse non solo si completano, ma sono in grado di far fiorire nuovi ambiti di professionalità e nuove opportunità di sviluppo.