Sconto in fattura e cessione del credito per consentire a tutti l’accesso al superbonus
La modalità “naturale” di fruizione del superbonus è quella della detrazione in dichiarazione, che naturalmente presuppone la presenza di un’imposta lorda capiente, non soltanto nella dichiarazione del periodo in cui si è effettuato l’intervento, ma anche nei quattro successivi.
Laddove infatti non vi fosse un imposta lorda da “abbattere”, l’importo della detrazione non utilizzato non potrebbe essere portato a nuovo, né chiesto a rimborso e dunque sarebbe irrimediabilmente perso.
Per venire incontro ai contribuenti che possono avere questo tipo di problematica, ma anche per consentire a coloro i quali non hanno la possibilità materiale di sostenere le spese o comunque di attendere il termine di cinque anni per il recupero dell’agevolazione, il legislatore ha introdotto delle modalità alternative di fruizione della detrazione.
La norma di riferimento è rappresentata dall’articolo 121 del decreto Rilancio, che prevede appunto in alternativa alla detrazione la possibilità da parte del contribuente che ha effettuato l’intervento agevolato di optare per lo sconto in fattura da parte del fornitore piuttosto che per la cessione di un credito d’imposta corrispondente alla detrazione spettante.
Sulla base di quanto prevede il secondo comma dell’articolo 121, non soltanto il superbonus, ma anche le altre principali agevolazioni edilizie beneficiano di questa possibilità in relazione alle spese sostenute nei periodi 2020 e 2021.
Si tratta delle seguenti tipologie di interventi:
- recupero patrimonio edilizio;
- ecobonus;
- sismabonus;
- bonus facciate;
- installazione impianti fotovoltaici;
- installazione colonnine ricarica veicoli elettrici
In considerazione del fatto che si tratta di un’opzione, il contribuente deve comunicare la propria volontà in tal senso all’Agenzia delle Entrate attraverso la presentazione di un’istanza telematica.
Per il superbonus, ma non per le altre agevolazioni, sarà in questo caso necessaria l’apposizione del visto di conformità.
Lo sconto in fattura
L’articolo 121 del decreto Rilancio, si è detto, prevede la possibilità da parte del contribuente di optare per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, di un importo massimo non superiore al corrispettivo stesso, che viene anticipato dal fornitore di beni e servizi relativamente agli interventi agevolati.
A fronte dello sconto effettuato, il fornitore riceve in cambio un credito d’imposta, di ammontare pari a quella che sarebbe stata la detrazione in capo al contribuente, che tra l’altro può essere oggetto di successiva cessione a terzi.
Per capire come funziona il meccanismo facciamo un esempio numerico.
Ipotizziamo che il contribuente realizzi un cappotto termico, spendendo € 40.000.
Se fruisce del beneficio attraverso la detrazione, con una spesa di € 40.000 maturerà una detrazione di € 44.000, pari al 110% della spesa sostenuta, che si potrà portare in dichiarazione nel periodo d’imposta in cui ha sostenuto la spesa e nei quattro successivi.
Diversamente, se il contribuente opta per lo sconto in fattura, e naturalmente il fornitore è disponibile, lo sconto può “pareggiare” l’intero corrispettivo dovuto: nel caso di specie azzerando l’intero importo dovuto di € 40.000.
A questo punto il proprietario o detentore dell’immobile avrebbe il suo cappotto senza aver pagato nulla, mentre il fornitore recupererebbe il contributo anticipato come credito d’imposta di importo pari alla detrazione spettante, quindi per l’ammontare di € 44.000, che sarebbe fruibile in cinque periodi di imposta: esattamente come sarebbe stato per il contribuente.
Vi è comunque la possibilità di effettuare successive cessioni del credito ad altri soggetti, senza alcuna limitazione di carattere soggettivo.
Lo sconto in fattura potrebbe essere anche parziale.
Tornando al nostro esempio, ipotizziamo che, a fronte della spesa di € 40.000, il fornitore sia disponibile a concedere uno sconto in fattura di € 30.000 e chieda quindi al contribuente di “contribuire” per € 10.000.
In una situazione di questo tipo, il contribuente maturerebbe una detrazione di € 11.000, che si potrà portare in detrazione in cinque quote costanti annuali.
Il fornitore, invece, disporrà di un credito di imposta di € 33.000, pari al 110% di quanto rimasto a suo carico, potendo comunque optare per la cessione del credito in questione.
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La cessione del credito
Nel caso in cui il fornitore non sia disposto a concedere lo sconto in fattura, il contribuente si vede “costretto” a corrispondere l’importo dovuto, ma ha un’ulteriore possibilità: quella della cessione del credito d’imposta.
Può infatti cedere a un soggetto terzo “qualsiasi”, anche se nella maggior parte dei casi saranno coinvolti gli istituti di credito, un credito d’imposta corrispondente alla detrazione spettante.
A loro volta i cessionari hanno la possibilità di effettuare successive cessioni.
L’utilizzo del credito d’imposta
Il credito d’imposta ottenuto da parte del fornitore per lo sconto in fattura o da parte del cessionario a fronte dell’acquisizione del credito può essere utilizzato in compensazione, senza limiti dal punto di vista dell’ammontare, nello stesso intervallo temporale in cui sarebbe stato possibile fruire della detrazione.
Nel caso del superbonus, quindi, il credito d’imposta dovrà essere fruito in cinque quote costanti, con l’avvertenza che l’eventuale parte non utilizzata in un anno non potrà essere portata a nuovo.
Gli stati avanzamento lavori
L’opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito può essere effettuata anche in relazione agli stati avanzamento lavori.
Nel caso del superbonus, il comma 1-bis dell’articolo 121 stabilisce che questi non possono essere più di due e di importo almeno pari al 30% dell’ammontare della spesa complessiva.
In relazione a questo aspetto, con la risposta n. 538 del 9 novembre 2020, l’Agenzia ha avuto modo di precisare che per verificare il raggiungimento di tale soglia, non si deve considerare il limite di spesa ammesso, quanto piuttosto l’ammontare del costo dei lavori agevolabili stimato in fase di progetto, che deve essere rapportato a quelli corrispondenti allo stato di avanzamento dei lavori.
Profili di responsabilità
Infine, per quanto riguarda i profili di responsabilità, va evidenziato come il fornitore o il cessionario rispondano soltanto per l’utilizzo improprio del credito d’imposta e non nel caso in cui per qualche motivo l’agevolazione non fosse spettante.
In una fattispecie di questo tipo, il problema sarà evidentemente del contribuente, che decadrà dal beneficio, oltre che dei tecnici che hanno asseverato la “bontà” dell’intervento.
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