Studi legali tra passato e futuro. Da chi dipende il lieto fine?

16.01.2023 - Tempo di lettura: 3'
Studi legali tra passato e futuro. Da chi dipende il lieto fine?

Alla fine degli anni ’90 le Law Firm portano in Italia un nuovo modello di business professionale, accompagnato da un tessuto economico e sociale in veloce cambiamento, sospinto dalle novità tecnologiche.

Un tempo c’era l’avvocato libero professionista con il proprio studio e la propria clientela. Il lavoro duro avrebbe portato all’affermarsi del “nome”, quantomeno nel proprio ambiente, e la clientela fidelizzata, insieme al passaparola, avrebbero fatto la loro parte nel rappresentare il “tesoretto” professionale. Gli anni sono trascorsi e le generazioni si sono succedute, mantenendo a lungo questo trend. Alla fine degli anni ’90 le Law Firm portano in Italia un nuovo modello di business professionale, accompagnato da un tessuto economico e sociale in veloce cambiamento, sospinto dalle novità tecnologiche, come le più importanti suite per studi legali, che comprendono sofisticate piattaforme in grado di automatizzare il lavoro quotidiano, come il software gestione contenzioso di TeamSystem. La professione con il nuovo millennio è entrata in crisi sotto diversi punti di vista: competizione, appeal verso i giovani, organizzazionedigital transformation, crisi economica, relazione con la clientela. Un gestionale avvocati, ad esempio, è diventato oggi un elemento imprescindibile per chi svolge la professione forense, sia per la comunicazione agile con i clienti sia per una gestione manageriale ed efficiente dell’attività. Il 2008 rappresenta una prima pietra miliare di questo cambiamento, con quattro fattori concomitanti a creare un mix destabilizzante per la professione tradizionale del principe del Foro: innovazione tecnologica, crisi economica, normativa sulla pubblicità, cambiamenti del mercato professionale. Il risultato è che la professione forense uscita dalla crisi del 2008 ha imboccato la via del cambiamento repentino e mai visto prima.

La professione diventa impresa

La parola che riassume meglio in sé gli effetti del cambiamento è probabilmente “impresa”. La professione intellettuale, che aveva fatto di ciò il proprio segno distintivo, si è incamminata inesorabilmente verso la dimensione imprenditoriale. Gli studi diventano sempre più popolosi, sempre più organizzati e tecnologici, tanto da creare la distinzione tra studi boutique” e studi moderni stile imprenditorial-aziendale. Ai professionisti si affiancano ben presto in queste strutture figure manageriali e di staff. La comunicazione entra a far parte delle competenze interne utili, anzi indispensabili, per evitare che le strutture implodano dal punto di vista del clima interno, del turnover, delle tensioni e dello stress lavorativo. Le capacità previsionali, tipiche del manager, diventano competenze anch’esse necessarie per condurre lo studio e il suo team: forecast, business plan, piani quinquennali di sviluppo, conti economici, vision. La popolazione che varca ogni mattina la soglia dello studio è composta da figure diverse, da seniority diverse, da ruoli diversi e, spesso, anche da nazionalità differenti, con relativi retaggi culturali di cui tener conto. Nasce così la necessità di fissare delle regole di comportamento, che permettano la convivenza positiva e che garantiscano un clima interno da team e non da somma di individui che condividono uno spazio. Gli studi si dotano di policy interne, una sorta di regolamento o regole di condotta. Non finisce qui. Qualunque impresa deve farsi conoscere e far conoscere i propri prodotti e servizi per fare business. Non si sottrae a questa regola neppure lo studio legale. Ecco che lo studio apre il proprio sito Internet, sbarca sui social, crea il suo brand, lo posiziona sul mercato, lo alimenta con il marketing, con gli eventi, con il passaparola ora divenuto digitale. Lo studio che fa marketing, o che comunica, è un’impresa a tutti gli effetti. L’epoca dell’avvocato seduto in poltrona che aspetta che il telefono squilli, oppure che il citofono suoni, è definitivamente affidato al passato.

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Professione e sostenibilità

Intanto che tutto questo scorre velocemente e porta cambiamenti epocali in un settore che non ha mai brillato per dinamicità e innovazione, ecco che ci si mette anche la pandemia, accompagnata dalla crisi economica, sociale, politica, a scombinare nuovamente il flusso degli eventi. Lo studio-azienda, che già aveva faticato tanto a ricostruire la propria identità e che aveva coinvolto solo il 20% dei professionisti forensi (mentre il rimanente 80% era in attesa che le cose tornassero come una volta, che il tempo cominciasse a scorrere al contrario, tra malumori e polemiche) deve fare i conti con un ulteriore tipo di novità: la digitalizzazione della professione, delle relazioni e un nuovo modo di organizzare le attività. La pandemia costringe tutti a lavorare a distanza, a gestire il team a distanza, a relazionarsi con i clienti a distanza, ad interagire con cancellerie e con le udienze a distanza. Cosa mai vista prima. Nuove piattaforme di videocall diventano i compagni della giornata, per non parlare di email e di messaggistica. I temi della sostenibilità ambientale, sociale e work-life-balance entrano a far parte dei contenuti con cui la professione deve fare i conti. Cambia la percezione della professione verso i giovani, cambia nuovamente la relazione professionista-cliente, i servizi professionali diventano servizi e i professionisti diventano fornitori di servizi. Di nuovo, il cambiamento è velocissimo e destabilizzante. La professione forense, che per generazioni sembrava viaggiasse su binari propri e vivesse di regole proprie, per molti aspetti fuori dal tempo e dai cambiamenti sociali, di colpo entra a far parte inestricabile di un tessuto economico, sociale, culturale e tecnologico. La professione non è più su un altro binario, con propri tempi e proprie regole, ora deve integrarsi in tutto e per tutto con la realtà e i tempi delle aziende clienti, con la realtà tecnologica dei nuovi fruitori, con i tempi non più solo della Giustizia, intesa come servizio della Pubblica Amministrazione, ma anche con i tempi del business, del tessuto economico.

Meno contenzioso, più stragiudiziale e consulenza

Ritornano, pertanto, in auge le soluzioni alternative delle controversie (ADR), le forme di negoziazione e di mediazione, le soluzioni stragiudiziali delle controversie. I costi della giustizia ordinaria e i tempi della stessa sono inaccettabili per imprese e cittadini. Se da un lato si cerca (a fatica e con pochi risultati) di snellire procedimenti e modalità di gestione dei carichi pendenti, dall’altro sono gli stessi cittadini e imprese a cercare di evitare, laddove possibile, di ricorrere al contenzioso. Una nuova cultura della negoziazione, della gestione stragiudiziale prende vita.

Sempre di più le aziende e i privati richiedono all’avvocato un intervento preventivo, consulenziale, e sempre meno un intervento riparatore a problema avvenuto. È così che l’avvocato, accanto alle competenze tecnico-giuridiche tradizionali, comincia ad inserire nel proprio background culturale nuove competenze: negoziali, di comunicazione, di relationship. Queste servono principalmente per affrontare le nuove richieste del mercato. Ma il mercato richiede anche una consulenza integrata, lungimirante, di business. Nasce così l’esigenza di sviluppare competenze manageriali e imprenditoriali, che potranno essere spese su due fronti: il fronte interno dello studio-azienda e il fronte esterno della consulenza di business.

Il team richiede inoltre di essere gestito con lungimiranza, ed ecco la necessità di competenze di leadership e di coaching; in un ambiente multiculturale e con diverse seniority i conflitti sono all’ordine del giorno, ed ecco le competenze di conflict management.

Per gli studi più grandi e con esposizione mediatica, soprattutto per la tipologia di attività e di clientela – studi con clienti esposti mediaticamente, studi che seguono casi di cronaca, studi che seguono istituzioni ed eventi da mass media – si rende necessario imparare e allenare nuove competenze di gestione dei media, dalla scrittura dei post sui social, alla gestione della telecamera nelle interviste, alla gestione della propria immagine in televisione o sui giornali. Le attività di media training diventano parte del bagaglio formativo di queste professioni mediaticamente esposte.

Insomma, da questo breve viaggio nella storia e nel presente della professione legale cosa possiamo ricavarne? È in crisi? Lo è stato e lo è ancora? Si sta risollevando? C’è stata la svolta culturale tanto attesa che disegnerà una figura nuova del professionista forense, probabilmente molto meno principe del Foro e molto più consulente legale di aziende e privati, con bagaglio culturale multidisciplinare, tecnologico, dallo stile imprenditoriale e manageriale?

Il 2023 si presenta come un anno di verifiche, dopo gli anni di pandemia e incertezza. È nelle mani della Categoria la risposta, nella sua capacità di essere coesa, di saper affrontare con coraggio e apertura mentale il futuro e nel saper interpretare il cambiamento come un fatto naturale con cui entrare in armonia per trarne il meglio.

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