Recepimento della direttiva insolvency e crisi di impresa
Il 1° luglio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 17 giugno ’22, n. 83, con il quale vengono apportate modifiche al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019 (CCI), in attuazione della direttiva UE n. 2019/1023, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione, le interdizioni e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione.
La novella legislativa, oltre a riformare profondamente il codice della crisi d’impresa, porta novità anche in tema di deposito telematico, stante che, dalla data della entrata in vigore della stessa (prevista per il 15 luglio prossimo, come da espressa disposizione dell’art. 389, comma 1, del CCI) diventerà applicabile l’art. 16 bis, comma 4-bis, del decreto legge n. 179 del 2012, ai sensi del quale “nei procedimenti giudiziali diretti all’apertura delle procedure concorsuali, in ogni grado di giudizio, gli atti dei difensori e degli ausiliari del giudice, nonché i documenti sono depositati esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Si applica il secondo periodo del comma 4[1]. Per il ricorso per cassazione, la disposizione acquista efficacia a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da adottarsi entro un anno dall’entrata in vigore del codice della crisi di impresa”.
Crisi d’impresa: il recepimento della Direttiva Insolvency
Per effetto del combinato normativo di cui sopra, pertanto, a decorrere dal 15 luglio prossimo e senza considerare la vigenza di leggi transitorie di carattere più o meno emergenziale, viene codificato un obbligo generalizzato di deposito telematico a carico di avvocati e ausiliari del giudice per quanto concerne ogni atto di qualunque procedura concorsuale. Nello specifico, la portata di tale obbligo si annuncia assai vasta dal momento che il codice della crisi d’impresa prevede ora molteplici procedure concorsuali che affiancano la liquidazione giudiziale (ovvero la procedura che prende di fatto il posto del fallimento); dette procedure sono peraltro raccolte sotto la definizione univoca di “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” e sono definite come “le misure, gli accordi e le procedure volti al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, oppure volti alla liquidazione del patrimonio o delle attività che, a richiesta del debitore, possono essere preceduti dalla composizione negoziata della crisi” (art. 2, comma 1, lett. m-bis CCI).
L’obbligo di deposito telematico si inserisce poi nell’ambito di un procedimento unitario: l’art. 40 novellato del codice regolamenta infatti, con unica procedura, la domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale. Su tale aspetto, al fine di assicurare il corretto flusso documentale, sono stati adottati nuovi schemi XSD per i quali è in corso l’attività di test e che verranno portati in effettiva produzione a ridosso dell’entrata in vigore della novella legislativa.
Nell’ambito del procedimento in esame, si registrano inoltre novità in tema di notificazione della domanda allorché sia proposta da un creditore, da coloro che hanno funzioni di vigilanza sull’impresa o dal pubblico ministero. L’atto in questione continua infatti ad essere compiuto dalla cancelleria ma, laddove esso non vada a buon fine, si prevedono conseguenze differenti a seconda che l’esito negativo sia imputabile o meno al destinatario: nel primo caso, infatti, ricorso e decreto di fissazione udienza sono notificati, a cura della cancelleria, mediante il loro inserimento nell’area web riservata ai sensi dell’articolo 359 CCI, e la notificazione si considera eseguita nel terzo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento.
Nel secondo caso, invece, si procede con notifica a mezzo ufficiale giudiziario, come attualmente previsto anche dalla legge fallimentare, ovvero presso la sede dell’impresa o della ditta o, in mancanza di tale riferimento, presso la casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese ovvero presso la residenza per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese. In tal caso si continua a prevedere il perfezionamento della notificazione nel momento del deposito stesso.
Pur essendo evidente l’intento del legislatore di accelerare i tempi della notificazione (si immagina, soprattutto in caso di istanze di liquidazione giudiziale), la norma non appare immune da critiche dal momento che introduce un elemento soggettivo (il giudizio di imputabilità o meno) che non sarà sempre facile da valutare e potrebbe ingenerare errori procedurali anche gravi, essendo la variabile che porta all’adozione di uno o dell’altro procedimento notificatorio.
Al proposito, si pensi al caso (già verificatosi nella realtà) di una casella PEC perfettamente funzionante che si saturi nottetempo a causa del ricevimento di plurime comunicazioni dal peso considerevole; è evidente che, in tal caso, una notifica di istanza di liquidazione giudiziale notificata il mattino successivo, magari prima che l’azienda abbia il tempo materiale di provvedere alle necessarie operazioni di manutenzione, restituirebbe un avviso di impossibilità di recapito per casella piena, ovvero il tipico caso di imputabilità al destinatario.
Si tratterebbe però di un “falso positivo”, posto che, nell’ipotesi in commento, sarebbe difficile addossare colpe al soggetto debitore; il rischio sarebbe pertanto quello di dare avvio ad una procedura concorsuale affetta da un vizio genetico piuttosto evidente (e grave) e quindi di generare attività processuali e spese, destinate a cadere nel nulla.
La soluzione individuata dal legislatore, probabilmente, non è quella ottimale.
In tema di deposito telematico appare opportuna un’ulteriore considerazione, che prelude ad un consiglio operativo.
Con l’art. 6 del decreto legislativo n. 83/22 viene interamente sostituto il titolo II della parte prima del codice della crisi di impresa; vengono infatti abrogate tutte le disposizioni relative alle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi e, al loro posto, viene inserita la regolamentazione della composizione negoziata della crisi di impresa già prevista dal decreto legge n. 118 del 2021.
Per effetto di tale inserimento, si trovano così a coesistere nello stesso testo normativo diversi articoli che fanno apparentemente riferimento ai medesimi strumenti giuridici, ovvero le misure protettive e cautelari, che sono infatti regolamentate agli art. 18, 19 e 54 del codice. Occorre però fare attenzione perché i presupposti su cui esse poggiano (e l’ampiezza dei provvedimenti richiedibili) sono differenti e pertanto il deposito telematico dovrà essere effettuato su registri differenti:
- nel caso della composizione negoziata della crisi (art. 18 e 19) il deposito dovrà essere indirizzato al registro della volontaria giurisdizione, stante che la procedura in parola non ha carattere concorsuale;
- nel caso invece dell’art. 54 CCI il deposito dovrà essere effettuato nell’ambito del registro SIECIC, trattandosi di atto delle procedure concorsuali a tutti gli effetti.
[1] Il secondo periodo del comma 4 dell’art. 16 bis prevede che “il presidente del tribunale può autorizzare il deposito di cui al periodo precedente con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti e sussiste una indifferibile urgenza. Resta ferma l’applicazione della disposizione di cui al comma 1 al giudizio di opposizione al decreto d’ingiunzione”