Il deposito telematico nel processo civile
Come noto il decreto legislativo n. 149 del 2022 ha introdotto una profonda riforma del rito civile e di alcuni istituti ad esso collegati, come la mediazione e la negoziazione assistita.
L’intervento riformatore ha dato altresì al legislatore l’occasione di importare all’interno del codice di procedura civile anche le norme espressamente dedicate al deposito telematico, che sono state collocate tra le disposizioni di attuazione dello stesso. Complice anche il generale obbligo di deposito a mezzo PEC previsto dalla novella si può pertanto affermare la trasmissione telematica degli atti è diventata la modalità ordinaria di deposito, talché non ha più senso parlare di PCT come di un’entità o di strumenti staccati dal rito ordinario.
Ecco allora che diventa fondamentale, per i professionisti forensi, affidarsi a specifici software processo civile telematico, in grado di ottimizzare l’attività di studio e il deposito degli atti processuali. In questo modo diventa facile velocizzare alcune delle attività che prima rallentavano i procedimenti. In primis grazie a un software nota iscrizione a ruolo codice a barre, ideale per redigere la nota iscrizione a ruolo, stamparla e corredarla di codice a barre. In secondo luogo, anche grazie a un programma per deposito telematico, che consente di accelerare il deposito degli atti e avere sempre il completo controllo delle operazioni.
In questo contesto è interessante esaminare il disposto dell’art. 196-sexies delle disposizioni di attuazione del c.p.c., rubricato “perfezionamento del deposito con modalità telematiche”, che prevede quanto segue:
“Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto nel momento in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici ed è tempestivamente eseguito quando la conferma è generata entro la fine del giorno di scadenza. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice. Se gli atti o i documenti da depositarsi eccedono la dimensione massima stabilita nelle specifiche tecniche del direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, il deposito può essere eseguito mediante più trasmissioni”.
La norma presenta almeno due profili critici che meritano un attento esame.
In primo luogo val la pena soffermarsi sulla terminologia utilizzata per individuare il momento perfezionativo del deposito; si fa infatti genericamente riferimento alla conferma del completamento della trasmissione e non più alla generazione della ricevuta di consegna della PEC; ciò evidentemente al fine di rendere il codice insensibile ad un possibile futuro cambio delle modalità di deposito, che contempli ad esempio l’upload nel quale sarebbe assente una ricevuta di consegna per la si intende pensando alla PEC, ovvero al possibile utilizzo di strumenti di recapito certificato qualificato che generino ricevute diverse dalla RdAC prevista dalla normativa sulla PEC.
La novella così formulata apre però lo spazio ad alcune considerazioni circa il momento perfezionativo del deposito e si inserisce in un contesto dottrinario e giurisprudenziale già fertile.
Occorre in particolar modo considerare quanto prevede l’art. 13 del dm 44/2011, recante le regole tecniche sul processo telematico; secondo la norma regolamentare, infatti, i documenti informatici si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. In tal caso la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l’avvenuto deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente. La norma è ambigua in quanto regolamenta fattispecie apparentemente differenti, ovvero il mero ricevimento dell’atto giudiziario da parte del dominio giustizia e il momento perfezionativo del deposito; e proprio questo ambiguità ha dato adito al dibattito giurisprudenziale circa l’effettivo momento perfezionativo del deposito telematico, e cioè: al ricevimento della ricevuta di consegna ovvero al momento dell’effettivo inserimento dell’atto all’interno del fascicolo digitale?
Si sono originati così due correnti giurisprudenziali, che classificano il deposito telematico come fattispecie a formazione progressiva o istantanea. Secondo la prima corrente la ricevuta di consegna attesta che il deposito telematico è regolarmente pervenuto alla casella di posta certificata dell’ufficio destinatario e ciò rileva ai fini della tempestività del deposito che si considera perfezionato in tale momento. Si determina pertanto un effetto anticipato e provvisorio rispetto all’ultima PEC, cioè subordinatamente al buon fine dell’intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva. Pertanto, solo con l’accettazione definitiva del deposito da parte della cancelleria si consolida l’effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC e il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti. (in tal senso, si veda ad esempio Cassazione sez. L. sentenza n. 12422 dell’11 maggio 2021).
Sul versante opposto vi sono le pronunce secondo le quali il deposito telematico è fattispecie a formazione istantanea i cui effetti processuali si producono e stabilizzano già con il ricevimento della ricevuta di consegna della PEC; secondo i sostenitori di questa tesi il flusso documentale a valle del recapito del suddetto messaggio ha in realtà solamente lo scopo di rendere visibile l’atto al giudice e alle controparti, senza alcuna rilevanza sul piano processuale; si afferma infatti che l’eventuale esito negativo dei successivi controlli telematici e manuali non influisce sulla tempestività del deposito telematico, ma determina al più la necessità di rinnovare la trasmissione delle buste telematiche contenenti l’atto stesso o i suoi allegati (in tal senso si è espressa Cass. 12 luglio ’21, n. 19796).
La riforma del codice di rito si innesta su tale dibattito e appare, ad avviso di chi scrive, compiere un deciso passo verso la seconda delle tesi esposte; è infatti evidente che affermare in norma primaria come il momento perfezionativo del deposito corrisponda al completamento della trasmissione dell’atto equivalga a ribadire il concetto secondo il quale il ricevimento della seconda PEC (vale a dire la ricevuta di consegna) completi l’iter di deposito dell’atto telematico.
L’omogeneità terminologica tra norma primaria e norma regolamentare pare rafforzare la tesi del deposito telematico come fattispecie a formazione istantanea; fattispecie che, invero, sembra maggiormente conforme ai principi del giusto processo dal momento che tende a considerare ininfluenti ai fini del contraddittorio meri errori formali che non permettono il perfezionamento del deposito (es. errore nell’indicazione del numero di ruolo del procedimento o del registro di competenza dello stesso).
Si noti oltretutto che in tali fattispecie sarebbe difficile, per non dire impossibile, invocare il rimedio della rimessione in termini, dal momento che presupposto per l’applicazione dell’art. 153, II comma, c.p.c. è la non imputabilità dell’errore, che ovviamente non ricorre nel caso di specie.
In effetti un merito della tesi in commento è proprio quello di considerare come si tratti di fattispecie che presenta i caratteri della tenuità le cui conseguenze in termini di decadenza processuale vengono acuite dallo strumento telematico. Se si trattasse di deposito in forma cartacea il più delle volte non si genererebbe alcuna conseguenza pregiudizievole, visto che sarebbe agevole procedere ad una rettifica dell’atto in fase di deposito; nel regime dei depositi telematici invece, qualora il cancelliere non intervenga per forzare l’accettazione o non possa intervenire per motivi legati al funzionamento della piattaforma, la mera svista potrebbe portare ad una decadenza processuale.
La tesi del deposito come fattispecie a formazione istantanea va pertanto a rendere giustizia per tali fattispecie, stante che la ripetizione del deposito in maniera corretta sarebbe ininfluente ai fini della tempestività dell’incombente processuale e anzi si avrebbe una sanatoria ex tunc.
Naturalmente, occorrerebbe tutelare anche il diritto di difesa della controparte, che potrebbe risultare compromesso da una accettazione tardiva, magari a ridosso della data di udienza; in tali casi (per la verità ben poco frequenti nella pratica) potrebbe ben intervenire il giudice, disponendo la rimessione in termini a favore della parte incolpevole o, più semplicemente, riallineando la decorrenza dei termini di deposito con differimento dell’udienza (in tali termini si veda Trib. Torino, 8/11/19, ord., G.I. dott. Ciccarelli).