Perché un Codice etico per lo studio legale
Sempre più spesso negli ultimi mesi si sente parlare della necessità di dotare lo studio legale di un Codice etico. Viene spontaneo chiedersi a questo punto perché nasca proprio ora questa esigenza e ancor prima cosa sia in pratica un Codice etico.
Codice etico e policy di comportamento
Partiamo da una distinzione che non è affatto scontata: Codice etico e Codice di comportamento (o di condotta) sono la stessa cosa? Anche se su questo argomento ci sono diverse posizioni e ad una veloce ricerca trovereste di tutto sul web, la risposta è no. Tra di essi passa la stessa differenza che sussiste tra il “cosa” e il “come”. Il Codice etico per lo studio legale può essere paragonato alla Carta Costituzionale per il nostro Paese. La Carta Costituzionale è il documento in cui sono racchiusi i principi ispiratori di ogni successiva decisione e comportamento. In sostanza, stiamo parlando del “credo” di un Paese, dei valori e dei principi su cui si fonda il vivere civile organizzato. Ebbene, la stessa cosa accade per una comunità molto più ridotta, quale è, appunto, lo studio professionale.
La Carta Costituzionale indica valori e principi, così fa anche il Codice etico. Il Codice etico rappresenta quel documento in cui lo studio raccoglie e sintetizza i propri valori, ciò in cui crede, i principi ispiratori di ogni decisione organizzativa e comportamentale. In altri termini, contiene le riposte ai “perché” abbiamo deciso di svolgere una determinata attività, cosa vogliamo portare alla società con il nostro operato, cosa conta per noi, quali sono le priorità, cosa vogliamo lasciare dopo di noi, in cosa crediamo.
Il codice di comportamento o di condotta, invece, risponde alle domande successive rispetto ai “perché” e, cioè, ai “come” vogliamo tradurre in pratica il nostro credo, valori e obiettivi. Siamo qui nel mondo dello stile che vogliamo avere e che desideriamo ogni azione della nostra organizzazione abbia. Determina quindi le scelte comportamentali, tempi e forme e tutto ciò che caratterizzerà il brand dello studio: posizionamento sul mercato, relazione con i clienti, qualità dei servizi, peculiarità distintive rispetto alla concorrenza.
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Come stilare il codice etico
Per lo più i principi generali alla base del Codice etico sono: uguaglianza, rispetto, riservatezza, trasparenza, onestà, tutela delle persone e dell’ambiente. Questi, appunto, sono principi generali, che in quanto tali non apportano un reale beneficio alla vita collettiva di un’organizzazione se non sono poi tradotti in principi più concreti e dettagliati, che rispecchiano le peculiarità di quella organizzazione. Quindi la prima regola è di non rimanere troppo astratti, generici e di riuscire a “mettere a terra” tali principi basilari. L’operazione non è affatto semplice, infatti molti di coloro che stanno leggendo queste righe si staranno chiedendo cosa in concreto si dovrà fare per ottenere ciò. Se non è chiaro il significato, figuratevi quanto lo sia la sua messa in atto.
Il primo passo consisterà nell’acquisire consapevolezza aggiornata di chi si è oggi. Questo lavoro introspettivo collettivo interno allo studio legale non è affatto banale e veloce. Si tratta di avviare un processo di analisi dedicato a rispondere a tante domande sui cui tornare più e più volte. Proprio perché è un processo (e non un atto unico) ed è particolarmente impegnativo, perché intangibile, viene il più delle volte evitato dalle organizzazioni o “liquidato” in quattro e quattr’otto, con soluzioni superficiali e di conseguenza inutili. Molto più facile parlare di ciò che si vede, si tocca, produce output concreti, che occuparsi di valori, principi e mission. Abbiamo così introdotto anche un ulteriore elemento che compone il Codice etico di uno studio: la mission, cioè il cosa voglia raggiungere, ma non solo in termini di obiettivi, bensì in termini di scopo. Qualcuno ora potrà obiettare che non c’è differenza tra obiettivi e scopi. Non è così. Obiettivi sono i risultati, gli scopi sono i risultati carichi di morale ed emozioni. È un po’ la differenza che esiste tra un albero spoglio e un albero i cui rami sono ricchi di foglie e frutti. Una meta è semplicemente un risultato, mentre uno scopo è una finalità: lo stesso risultato è stato arricchito di significato (morale, filosofico, emotivo). Possiamo porre come obiettivo dello studio legale, per esempio, aumentare il fatturato del 20% per i prossimi tre anni (e questo rappresenterebbe l’obiettivo), e possiamo porci come mission raggiungere un certo fatturato per investirne una parte in progetti sociali a favore della comunità (e questo rappresenterebbe la mission dello studio, portare un beneficio a tutta la collettività, con cui condividere il benessere e il successo).
Come realizzare in concreto questo primo passaggio dedicato alla consapevolezza sul “chi siamo” e sul “perché svolgiamo questa attività”, “sul cosa vogliamo lasciare del nostro operato”, sul “cosa vogliamo contribuire a creare con il nostro lavoro”? È necessaria un’attività di analisi, introspezione e brainstorming; si parte prima da se stessi e poi si allarga l’attività ad un coinvolgimento corale di tutti i protagonisti del progetto professionale. Il modo migliore è redigere una survey (un questionario scritto) meglio se on line, dando tempo a tutti di riflettere, prendersi tempo, rispondere. Il primo brainstorming, quindi, è con se stessi in solitudine, perché bisogna “sentire”, prima ancora di pensare e condividere ciò che si pensa.
Il secondo passaggio di questo processo è raccogliere le risposte date da ciascuno e coordinarle in un unico documento di raccolta. Su questo verrà quindi condotta una attività di confronto in più step (terzo passaggio), per darsi tempo di ascoltare gli altri, riflettere, dire la propria e coordinare in un unico racconto (perché di questo si tratta, di un racconto per il futuro, di una sceneggiatura che decidiamo di seguire in futuro nell’agire quotidiano).
Il quarto step consisterà nel mettere “in bella” il contenuto frutto dell’apporto di tutti, suddividendolo in sezioni per argomento e in punti per poi essere richiamati dal Codice di condotta che dovrà dare applicazione.
Perchè oggi è così importante
Se questi temi fino a prima della pandemia erano appannaggio solo di alcuni studi legali, prevalentemente studi legali d’affari con respiro internazionale, in quanto modellati organizzativamente su impostazione aziendale, oggi stano diventando di interesse generalizzato anche degli studi c.d. “boutique”. Le ragioni sono molteplici: la crescente attenzione sociale per i temi della sostenibilità, per le tematiche ESG, per la qualità di vita dei collaboratori (work life balance), per le tematiche ambientali, per la tutela dei giovani, per la gender equality. Parlare oggi di valori, di credo, di stile non è più opzionale, ma necessario.
Questi temi oggi identificano un brand, ne sottolineano le caratteristiche (brand identity, brand image) e influiscono sull’opinione del pubblico (brand reputation). Ragioni di necessità legate al business, quindi, ma anche ragioni legate alle nuove sensibilità che la società porta con sé nel suo incessante processo di cambiamento.
In conclusione, dotarsi di un Codice etico e successivamente di un codice di condotta è oggi non più un’opzione, ma una necessità, che se ben gestita diventa una opportunità spendibile anche a livello di marketing, di talent attraction e di client attraction.