Lo Studio legale diventa un team: come gestire i collaboratori

19.04.2019 - Tempo di lettura: 3'
Lo Studio legale diventa un team: come gestire i collaboratori

Se è vero che gli studi legali stanno rispondendo alle richieste del mercato strutturandosi e spesso unendo le forze, altrettanto vero è che lo studio così costituito sta diventando una azienda che richiede altre logiche per essere gestito, ben diverse a quelle a cui per decenni gli studi sono stati abituati.

Se è vero che gli studi legali stanno rispondendo alle richieste del mercato strutturandosi e spesso unendo le forze, altrettanto vero è che lo studio così costituito sta diventando una azienda che richiede altre logiche per essere gestito, ben diverse a quelle a cui per decenni gli studi sono stati abituati. Il mercato business fatto da pmi e da grandi aziende richiede velocità nella risposta, specializzazione, cura e organizzazione per poter gestire adeguatamente la consulenza necessaria alle aziende in una competizione sempre più serrata e globale. Per poter dare queste risposte gli studi hanno organizzato dapprima soluzioni legate ai servizi legali, quindi si sono concentrati nell’accorpare sotto lo stesso brand competenze che potessero abbracciare ampi settori del diritto e offrire servizi che andassero dal contenzioso alla consulenza e per diversi settori dell’economia. Fin qui l’operazione è stata corretta: cercare di dare risposta alle domande.

L’organizzazione richiede attenzione

Ben presto ciò che le strutture venutesi a comporre hanno cominciato a patire è stato il clima interno, lo stress alle stelle, un forte turnover e liti a diversi livelli nell’organizzazione. Pensare infatti a rispondere al mercato è stata la priorità in una prima fase, ma successivamente le strutture organizzate, dove sotto lo stesso tetto convivono diverse anime dello studio, con soci equity, salary, associate, junior e trainee, richiede una gestione e anche buona. Si è palesato in sostanza quella che da sempre è una caratteristica del legale: un forte individualismo e una palese incapacità di fare team. Le conseguenze nefaste di uno scenario di questo tipo sono facili da immaginare: dall’entusiasmo iniziale di una nuova avventura, alla disillusione, fino ad arrivare in alcuni casi alla dissoluzione del progetto professionale comune.
Cosa è mancato? Quale aspetto è stato trascurato e ha prodotto insani conseguenze?
La risposta è celata dentro la parola team e il team va costruito (team building), gestito (team management) e spronato a crescere (team empowerment). Chi è deputato a fare ciò? Chi si occupa della comunicazione interna? Chi si occupa della formazione per realizzare il knowledge sharing?

La gestione dei collaboratori

Le persone che compongono un team, in quanto esseri umani, hanno bisogno di attenzione, di relazione e di conoscenza per poter interagire positivamente tra loro. Una squadra si forma intorno ad un obiettivo comune e riesce ad operare in modo armonico se c’è una organizzazione di ruoli e di procedure. I collaboratori vanno pertanto gestiti sotto diversi punti di vista, a cominciare dalla comunicazione informativa, per permettere loro di conoscere gli accadimenti interni all’organizzazione, come l’ingresso o l’uscita di un collega, l’apertura di una nuova sede, l’acquisizione di un nuovo cliente. La gestione del gruppo va poi realizzata con momenti di condivisione e di brainstorming, oltre che informativi. In quest’ultimo caso le persone sono destinatarie della comunicazione informativa, quando nel primo caso sono esse stesse autrici della comunicazione e quindi parte attiva. Le riunioni sono momenti determinanti per la gestione di un team sia dal punto di vista relazionale, che dal punto di vista organizzativo; permettono alle persone di interagire e di confrontarsi quando nel tran tran quotidiano spesso non si ha il tempo di instaurare relazioni e il team alla lunga diventa una somma di persone che lavorano l’una vicina all’altra, invece che insieme allo stesso progetto. Ma come vengono fatte le riunioni nello studio legale?

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Le riunioni

L’avvocato non è un manager e salvo alcuni naturalmente dotati di competenze manageriali, gli altri mal gestiscono o non gestiscono affatto uno strumento così importante come le riunioni in studio. Un esempio?
Sarà capitato a tutti di assistere a riunioni dove le persone convenute arrivano ciascuna ad un orario diverso, accampando mille scuse per quanto plausibili; oppure riunioni dove le persone si alzano per rispondere al telefonino e rientrano parecchio dopo, per non parlare di chi non rientra del tutto. Altre volte abbiamo assistito a riunioni senza un timing preciso, dove non si sapeva fino a quando saremmo dovuti rimanere a disposizione, mentre il pensiero andava alle email che nel frattempo si stavano accumulando; per non parlare poi delle situazioni in cui l’ordine del giorno della riunione era del tutto assente e la discussione prendeva le tangenti più imprevedibili a seconda del caso e del momento, per poi finire in una confusione totale. Ecco quelle non sono riunioni degne di questo nome, ma momenti di condivisione e chiacchiera, simili a quelle che si svolgono davanti alla macchinetta del caffè.
Le riunioni in uno studio hanno una funzione simile dello spogliatoio in una squadra sportiva: servono a fare team, a legare le persone tra loro, a condividere emozioni e opinioni, a creare collante. I professionisti spesso confondono l’aspetto della relazione con quello della informazione, per cui ritengono che comunicare via email sia sufficiente a far sapere le cose ai colleghi e collaboratori, senza che vi sia necessità di fare riunioni che sono considerate solo una perdita di tempo. Niente di più sbagliato. Le persone, come abbiamo visto, hanno bisogno di relazione e non solo di informazioni; con la comunicazione per email si possono trasmettere informazioni, ma non si può instaurare quella relazione emotiva, empatica, che invece avviene quando le persone sono fisicamente presenti in un luogo intorno ad un tavolo. Inoltre, perché la riunione sia effettivamente utile al duplice scopo – fare team e trasmettere informazioni – è necessario che sia ben organizzata e gestita.

Le riunioni efficaci

Vediamo dunque le regole di una riunione efficace. Prima di tutto dobbiamo considerare i tre momenti di una riunione: il prima, il durante e il dopo. La prima fase delicata è l’organizzazione della riunione: va incaricato qualcuno di raccogliere le istanze che verranno trattate in riunione, di formare un ordine del giorno, di valutare la durata necessaria della riunione e di provvedere alla sua organizzazione materiale (sala riunioni, comunicazioni, verbale etc.). La seconda fase della riunione è rappresentata dalla diretta, dal suo svolgimento: è necessario che una persona (di solito il più alto in grado presente in riunione) diriga la stessa. Questa persona ha il compito di aprire la riunione chiarendo i punti dell’ordine del giorno, di gestire la discussione togliendo e dando la parola ai partecipanti in modo che tutti possa parlare e di far rispettare i tempi. La terza fase della riunione è il dopo: è necessario che qualcuno sia incaricato di fare un verbale da inviare a tutti per condividere sinteticamente i punti trattati. La riunione ha le sue regole per essere ben gestita, vediamole:

  1. Timing: fissare orario di inizio e fine delle riunioni e farlo rispettare.
  2. Oggetto: fissare l’ordine del giorno.
  3. Vietare telefonini e computer.
  4. Far parlare tutti a turno.
  5. Svolgerla sempre in sala riunione e non in giro per lo studio.
  6. Verbale di fine riunione riassuntivo.

Retreat

Con la riunione non abbiamo certo finito gli strumenti di gestione dei collaboratori. Per poter ottenere una squadra affiatata è necessario creare occasione di condivisione anche fuori dalle mura dello studio. Un esempio sono i retreat di studio, cioè le attività di team building svolte fuori dallo studio legale, dove le persone sono chiamate a svolgere attività insieme divertendosi e facendo squadra. Le opzioni organizzative sono le più varie, vediamone alcune:

  • Attività sportive, come rafting, sci, barca a vela, orientering nei boschi.
  • Attività ludiche, come caccia al tesoro, team cooking.
  • Attività artistiche, come pièce teatrali, clip video da realizzare, giochi di squadra.

A cosa servono queste situazioni di gruppo? A far uscire le persone dal quotidiano, a permettere di conoscersi sotto nuove vesti, a fare gruppo divertendosi, ad amalgamarsi. I retreat sono molto efficaci, perché rompono gli schemi e più sono strani rispetto alle abitudini e alla quotidianità e più sono efficaci.

Piani di crescita

Le persone non vogliono sentirsi stagnanti e hanno ciascuna le proprie ambizioni. Per questa ragione se vogliamo motivare il nostro team è necessario che abbia un piano di crescita e che sia ciascuno spinto a dare il meglio per evolvere la propria carriera. Il piano di crescita può tener conto sia degli aspetti economici, che funzionali; quindi non solo una crescita economica, ma anche di responsabilità in studio. Le persone devono sapere impegnandosi cosa potranno a raggiungere, solo così sono spronate a dare il meglio. In un team positivo e ben organizzato sapremo coordinare gli interessi dei singoli con quelli del gruppo. I due interessi non sono in conflitto, anzi devono essere l’uno lo sprone dell’altro.
Una volta all’anno sarà opportuno incontrare uno per uno i collaboratori per fare il punto sulla loro crescita e sul raggiungimento o meno degli obiettivi che erano stati fissati.

Celebrare i successi

Ultimo punto per la gestione efficace di un team è la celebrazione dei successi. In molti studi le persone vengono riprese in continuazione per gli errori, ma non si ha mai il tempo (o la cultura) di fermarsi un attimo a celebrare un successo e quindi a dirsi bravi e sottolineare l’efficacia del gioco di squadra. La celebrazione del successo è un feedback positivo che si da ad un comportamento perché si possa ripetere in futuro; farlo passare nel silenzio non è una buona idea, perché alla lunga le persone riceveranno il messaggio che non va mai bene. La gratificazione, il saper sottolineare i comportamenti positivi e non solo gli errori è un ottimo modo per far crescere il gruppo.
Manca infine un aspetto che richiede decisamente più tempo di queste ultime righe per essere affrontato e che affronteremo nelle prossime puntate: la gestione dei conflitti in studio. I conflitti non vanno evitati, ma gestitit, perché laddove ci sono diverse teste insieme è naturale che si creino conflitti. Il punto è come vengono gestiti e se vengono gestiti, prima che sfocino in contrasti aperti e spesso dannosi per i singoli e per il team. Il capo ha questo compito, di sapere quando è opportuno intervenire e farlo con i giusti modi per non alimentare, magari involontariamente, il conflitto. Ne parleremo nelle prossime puntate.

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