Come funziona il processo penale telematico

10.05.2021 - Tempo di lettura: 2'
Come funziona il processo penale telematico

Una delle maggiori innovazioni portate dall’emergenza sanitaria è senza dubbio l’avvio del processo penale telematico, per il quale gli avvocati possono trovare un supporto utilizzando uno specifico software deposito telematico.

Il processo pensale telematico è stato introdotto a tappe forzate nel corso del 2020 per fare da contraltare ai provvedimenti con i quali si limitava l’accesso alle cancellerie e segreterie degli uffici giudiziari, impedendone così l’accesso fisico.

Si è così delineata una struttura che corre su due binari paralleli e che sarà vigente sino al 31 luglio 2021, in forza della quale:

  • alcuni atti specificamente individuati devono essere depositati attraverso il portale dei depositi penali;
  • i restanti atti possono essere depositati a mezzo PEC.

Il deposito atti nel processo penale telematico

La norma di riferimento a presidio dell’intero sistema è l’art. 24, comma 1, del decreto legge n. 137 del 2020, ai sensi del quale “il deposito di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall’articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale presso gli uffici delle procure della repubblica presso i tribunali avviene, esclusivamente, mediante deposito dal portale del processo penale telematico….il deposito degli atti si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza”.

Quali atti si possono depositare telematicamente

In ossequio a quanto previsto dal comma successivo, che prevede la possibilità di allargare il novero degli atti depositabili per via telematica, con decreto del 13 gennaio ’21 del Ministero della Giustizia si è previsto il deposito attraverso il suddetto portale anche dei seguenti atti:

  • istanza di opposizione all’archiviazione ex art. 410 c.p.p.;
  • denuncia ex art. 333 c.p.p.;
  • querela ex art. 336 c.p.p. e relativa procura speciale;
  • nomina del difensore e rinuncia o revoca del mandato indicati dall’art. 107 del codice di procedura penale.

Come muoversi per il deposito telematico degli atti penali

Anche in tal caso si tratta di deposito telematico obbligatorio da effettuarsi secondo le specifiche tecniche individuate da DGSIA.

A tal proposito, il documento di riferimento è ora il provvedimento del 24 febbraio ’21 della predetta Direzione, all’interno del quale si prevede in via generale che il formato dell’atto del procedimento debba rispettare i seguenti requisiti:

  1. essere in formato PDF;
  2. essere ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini;
  3. essere sottoscritto con firma digitale in formato PAdES o CAdES.

Tuttavia, per quanto riguarda il deposito della nomina, della revoca della stessa, della denuncia, della querela e della procura speciale si consente il mancato rispetto del requisito sub 2); conseguentemente è possibile depositare tali documenti previa scansione degli originali analogici.

Ulteriore evoluzione del sistema dei depositi attraverso il portale è stata introdotta con nota dell’11 febbraio ’21 con la quale DGSIA ha specificato che al fine di consentire l’accettazione presso le Procure, delle nomine dei difensori per i procedimenti in fase di indagini preliminari è necessario allegare il c.d. “Atto abilitante”, ovvero un atto dal quale risulti la conoscenza del procedimento a carico dell’assistito o nel quale un determinato soggetto sia parte offesa e risulti altresì numero di registro.

Tale atto può essere l’informazione di garanzia, l’avviso di fissazione dell’interrogatorio, la comunicazione ex art. 335 c.p.p. e  non deve essere obbligatoriamente firmato digitalmente.

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Alternative al deposito telematico degli atti”

Il binario parallelo del processo penale telematico è invece rappresentato dai depositi a mezzo PEC al di fuori del portale.

L’ipotesi è contemplata al comma quarto dell’art. 24 d.l. 137/20, ove si prevede espressamente che “per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, fino  al 31 luglio 2021, è consentito il deposito con valore legale mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui all’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. Il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere  effettuato presso  gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici”.

Il debutto di questa norma è stato segnato da molteplici contrasti, anche giurisprudenziali, relativamente agli atti effettivamente depositabili con siffatta modalità, tanto da costringere il legislatore ad intervenire più volte e a precisare soprattutto la possibilità di depositare con tale modalità anche le impugnazioni.

In questa sede appare invece importante sottolineare come ci si trovi in presenza di una facoltà (non dunque di un regime obbligatorio) esercitabile sino al 31 luglio ’21 e come il suo esercizio soggiaccia a molteplici ipotesi di inammissibilità del deposito, che si verificano in presenza di:

  • atto non firmato digitalmente dal difensore;
  • mancata trasmissione degli eventuali allegato dell’atto di impugnazione e mancata sottoscrizione digitale, per conformità all’originale, dei predetti allegati;
  • atto trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata (cd. REGINDE);
  • atto trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata non intestato al difensore.

Inoltre, ulteriore ipotesi di inammissibilità si verifica quando l’atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per il tribunale di cui all’articolo 309, comma 7, del codice di procedura penale dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4.

A tale ultimo proposito si segnala un’applicazione giustamente rigorosa da parte della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 9887 del 16 gennaio – 12 marzo ’21 ha ribadito che “sono inammissibili i motivi nuovi trasmessi alla Corte di cassazione tramite posta elettronica certificata ad una casella di posta diversa da quella indicata dal provvedimento del 9 novembre 2020, emesso dal direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, ai sensi dell’art. 24, comma 4, d.l. n. 137 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176”.

In chiusura di questa breve disamina è inoltre bene sottolineare come per tutte le fattispecie analizzate, il legislatore abbia chiarito come l’orario di deposito coincida con lo spirare del giorno di riferimento e non con gli orari delle cancellerie o delle segreterie; anche in tal caso si è così posto un argine netto a teorie dottrinarie disparate che rischiavano di creare una crisi del sistema.

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